La sezione “Nicola Fasano” di Arco Felice fu la seconda sezione di Pozzuoli e si aggiunse alla “Eugenio Curiel” che da sempre abitava Piazza della Repubblica o i suoi paraggi più immediati. Venne costituita ufficialmente all’indomani delle elezioni politiche del 1972 ed era letteralmente di fronte casa mia, nel senso che dovevo semplicemente attraversare via Miliscola. Ci si inoltrava per un brevissimo vialetto proprio affianco alla rosticceria “da Roberto” e sulla destra c’era l’ingresso, molto ampio, che dava da un lato sul saloncino delle riunioni e dall’altro sulla stanza che fungeva da segreteria. La scelta di avere più sezioni in una città media di circa 70.000 abitanti seguiva la linea di un maggiore radicamento territoriale che rappresentava visibilmente la crescita del Partito dopo la indimenticabile stagione di lotte del 68/69. In seguito ci sarebbero state le sezioni di via Napoli e di La Pietra, così come le sezioni aziendali del Comune e della Sofer, infine a metà degli anni 80 la sezione di Monterusciello.
Fasano era un deputato operaio puteolano del Partito Comunista morto prematuramente a 40 anni in un incidente d’auto il 28 novembre 1960. Una tragedia che colpì profondamente il Partito ed il movimento operaio della città.


La scelta di aprire una sezione nel quartiere di Arco Felice fu presa a seguito degli eventi bradisismici del 70 che cambieranno l’assetto di Pozzuoli. Il bradisismo, fenomeno geologico che caratterizza alcune aree vulcaniche come la conca flegrea, ha da millenni segnato la vita del nostro territorio scandendo le fasi e le crisi, con il lento ondeggiare della terra e poi i rapidi sciami sismici che portano scompiglio e impongono nuove ripartenze.
Pozzuoli e il bradisismo, Pozzuoli è il bradisismo.
Nel 70 ad essere colpito fu il centro storico ed in particolare il luogo che generò la città, la custodia della storia e della identità della Dicearchia greca e della Puteoli romana: il rione Terra, l’antica acropoli trasformatasi nel medioevo e nei secoli a seguire in quell’intricato dedalo di viuzze e costruzioni su quel promontorio affacciato sul mare.
I comunisti furono da subito protagonisti di una vasta mobilitazione per portare soccorso e solidarietà alle centinaia di famiglie che avevano perso la casa. Di particolare rilievo fu il ruolo del sindaco comunista di Giugliano, Mallardo, che requisì abitazioni ed alberghi sul litorale domizio per dare ricovero a quelle famiglie. Ma il PCI affrontò anche, contemporaneamente alla azione immediata di sostegno della popolazione, il tema del futuro della città nel quadro di un necessario riassetto del suo territorio. Da subito si lavorò per una legge speciale che ponesse il tema della ricostruzione, salvaguardando l’identità e la coesione sociale della città flegrea. Parliamo, infatti, di una città operaia dalle robuste tradizioni democratiche ed antifasciste, con un articolato tessuto produttivo che fin dall’inizio del 900 faceva tutt’uno con l’area industriale di Bagnoli.

Sia la Sofer, insediata sullo stesso sito produttivo della vecchia Armstrong, sia le più recenti ed avanzate Olivetti e Pirelli guidavano un ricco indotto industriale e collocavano l’area negli scenari economici globali. La prima direttrice della legge riguardava la necessità che nessun cittadino fosse costretto ad andare via, la seconda riguardava la tutela del rione Terra come bene comune della città. Ciò portò da un lato alla definizione del rione come bene inalienabile del Comune e futuro luogo della direzionalità cittadina, così come di attività culturali e sociali, dall’altro all’individuazione di un’area dove collocare gli alloggi per la popolazione sfollata ed alla progettazione e realizzazione di un nuovo rione. Nacque così alle spalle del quartiere di Arco Felice ed accanto al rione Gescal, immediatamente collegato alla nascente tangenziale di Napoli, quello che sarà il rione Toiano.


Quindi l’area di Arco Felice, già importante per la presenza delle 2 fabbriche Olivetti e Pirelli, era destinata ad uscire dalla funzione di residenzialità di pregio per la splendida collocazione geografica (pensiamo alle spiagge, alla vicinanza di Lucrino con i 2 laghi, al monte Nuovo) per diventare l’asse dello sviluppo prossimo venturo della città. E quindi il Partito doveva riarticolare la propria organizzazione dentro questo processo di trasformazione degli assetti urbani.
La sezione “Fasano” nasce con questo ruolo e da subito inizia a svolgere il compito di riorganizzare le 2 cellule operaie e a vigilare sulla costruzione del rione Toiano. Questo venne realizzato in poco tempo e per moltissime famiglie, che fino ad allora avevano vissuto in ambienti angusti e malsani, si realizzava il sogno di avere una vera casa. Infatti le abitazioni non solo erano solidissime, ma spaziose e confortevoli. Anche per questo il rione si trasformò in una vera e propria roccaforte elettorale del Partito.
Al tempo stesso la vita della sezione negli anni 70 si intrecciava con quella straordinaria mobilitazione sociale e culturale scaturita dalle lotte del 68/69 e che determinarono tra le più importanti conquiste di civiltà del nostro paese.

Noi giovani della FGCI vivevamo pienamente immersi nell’esperienza del movimento studentesco e partecipavamo alle attività della sezione.
Tra le esperienze indimenticabili di questa intensa attività c’erano senza dubbio le domeniche dedicate alla diffusione de “l’unità” e ai caseggiati. Si iniziava alle 9 con l’apertura della sezione, i caffè che scandivano l’arrivo dei compagni, il ritiro delle copie del giornale e l’allestimento del banchetto fuori la sezione stessa. Poi ci si divideva: i compagni più anziani e i principali dirigenti rimanevano a quel banchetto, lì sarebbero venute tutte le persone che avevano bisogno di parlare con i consiglieri comunali e, se non era impegnato in iniziative di Partito, con mio padre, Domenico Conte già sindaco della città e parlamentare, altri compagni andavano a diffondere il giornale nella piazza di Arco Felice e particolarmente fuori la chiesa, con una sorta di confronto culturale verso quel potere che alimentava fortemente il regime democristiano. Tra i compagni più anziani spiccava il compagno Armando Gallo che con Musto, Marino e Vellinati rappresentava il nucleo originario dei comunisti puteolani dal 21, poi c’era mio nonno Antonio operaio dell’ILVA che seguiva il Partito dalla clandestinità. Un altro gruppo invece, fra cui i più giovani, si occupava dei caseggiati nei rioni popolari Gescal e poi Toiano. Un grande organizzatore dei caseggiati e dirigente della sezione era il compagno Fernando Malvano, dipendente del CNR, che pazientemente componeva le squadre e dava indicazioni a tutti. I caseggiati lungi dall’essere una mera operazione di propaganda era invece una straordinaria iniziativa di contatto permanente con la città e di trasmissione delle istanze che da questa provenivano. Ricordo che si partiva non prestissimo per non interferire con la necessità di molti lavoratori di potersi alzare un pò più tardi almeno un giorno a settimana, poi l’infinità di caffè che bisognava assolutamente prendere per non offendere i nostri ospiti e le richieste, soprattutto riguardanti la manutenzione urbana, che poi dovevamo accuratamente riportare al direttivo. Molto spesso alcune indicazioni, soprattutto se riportate da più famiglie, si tramutavano in azioni concrete. Bisognava anche tenere nota dei palazzi coinvolti per determinare una sorta di rotazione e non andare a bussare sempre alle stesse famiglie.


La nostra sezione fu anche vivace protagonista del dibattito politico all’interno del partito sul futuro di Pozzuoli e dopo la morte di Berlinguer, sulle prospettive generali del PCI e del socialismo. Al congresso di scioglimento la stragrande maggioranza delle compagne e dei compagni votarono convintamente NO. Angelo Avallone, Gennaro Sfarzo, Matteo Somma, Eraldo Aldieri, Peppe Conte, Raffaele Visconti, Pasquale Gritto sono stati, se la memoria non mi inganna, i segretari della sezione dalla sua fondazione.

A quelle decine di compagne e compagni che in maniera disinteressata hanno contribuito a portare avanti quegli ideali di democrazia e giustizia sociale attraverso la nostra sezione, va non solo il riconoscimento, ma una certezza: che quella nostra rossa bandiera, nelle forme inusitate che solo la storia si può dare, non sarà mai ammainata.

Sirio Conte


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2 commenti

  1. Dino Tafuto da FB Dino Tafuto
    Quel periodo lo conosco bene, io ero iscritto al psi di De Martino, spesso mi incontravo con i compagni della sezione Fasano, lo stesso Mimi Conte mi invitava alle loro assemblee pubbliche, mi ricordo affolatissime, non mi hanno fatto mai sentire come un estraneo, allora avevo i miei 17 anni, spesso incontravo ad Arco Felice il compagno Mimi Conte nonché deputato mi salutava in modo affettuoso con la sua gestualità calda e poi mi diceva “” non dimenticarti di salutare Umberto “” , mi domandavo perché lui non diceva “”salutami tuo padre”” lo chiesi a lui e così ho imparato da loro il senso di dare del tu e del compagno, da allora ho imparato ogni qualvolta che mi dovevo rivolgere a mio padre, lo chiamavo Umberto.
    Ciao Sirio fai un buon capodanno

  2. Grande. La tua descrizione mi ha fatto venire i brividi. I miei ricordi vanno al periodo in cui Ottorinoera il segretario della F. G. C. I. e tu eri in federazione in qualità di dirigente provinciale. Per me è stata un esperienza formativa sul piano umano che mi ha fatto maturare un senso di partecipazione all agire collettivo.

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