Il 1975 fu l’anno della grande avanzata del pci alle elezioni amministrative del 15 giugno. Si votò per le regioni, le province , i comuni. Ai comunisti andarono oltre 11 milioni di voti pari al 34%. Il Psi raccolse il 12% , la Dc subì una flessione del 2,5 %. Cinque regioni e le più importanti città e province, grazie a questo voto, poterono dare vita a giunte di sinistra. La città di Napoli dove il Pci aveva ottenuto il 32,3 dei consensi, primo partito in città con un balzo in avanti di oltre il 6%, espresse un sindaco comunista, Maurizio Valenzi, a capo di una giunta unitaria con i socialisti. Alla guida dell’ amministrazione provinciale di Napoli si insediò il socialista Franco Iacono con una giunta di sinistra seppure minoritaria.
E Afragola? Ad Afragola il risultato elettorale del pci, sicuramente positivo, non ebbe, forse, i numeri travolgenti di altre realtà della area metropolitana o dello stesso capoluogo. I consiglieri comunali comunisti passarono da cinque a dieci raddoppiando la presenza nel palazzo municipale. Nel collegio uninominale Afragola/Cardito Franco Laezza, quadro sperimentato del pci, fu eletto consigliere provinciale. Il nuovo gruppo consiliare al comune migliorò notevolmente per la presenza di donne, giovani, intellettuali e professionisti che si affiancarono alla tradizionale rappresentanza della classe operaia e dei tecnici che avevano fino ad allora sopportato con orgoglio e dignità il peso di una battaglia politico istituzionale segnata dalla forte egemonia democristiana e dei suoi alleati spesso contrassegnata dal fenomeno delle liste civiche e del trasformismo. Ma talvolta i numeri da soli non riescono a trasmettere in pieno quello che c’è dietro un risultato elettorale. Quello che si mosse nella società locale e che ha determinò uno spostamento di consensi, di voti in direzione di una forza politica come il pci di Afragola. Sono passati 45 anni ma ho chiara la percezione che ebbi allora, subito dopo l’esito elettorale, circa la portata di quel voto. Un voto che agì davvero in profondità nel tessuto cittadino con una carica radicalmente rinnovatrice .


Potrei fare tanti esempi. Impossibile dimenticare lo spettacolo di via Roma, dove era la sezione del partito, invasa da una folla di persone e interdetta di fatto al traffico veicolare. Ricordo la collocazione sul marciapiede più vicino alla sede dei compagni e dei simpatizzanti che non erano riusciti a trovare posto all’interno per seguire da vicino l’afflusso dei voti proveniente dai seggi elettorali. E l’altro marciapiede, quello più distante dalla sezione, occupato invece da semplici cittadini, da tanti giovani e ragazze tra cui molti studenti che conoscevo di vista per aver viaggiato con loro sui pullman che ogni mattina tutti prendevamo per andare a scuola o all’università. Facce solo curiose e facce sorridenti , tanti commenti ad alta voce e interessati sulla politica e i partiti, roba che solitamente era appannaggio del calcio o della musica leggera. Qualcuno ebbi l’impressione che volesse salutare e far capire il messaggio : sai, ho votato anche io. E c’era da credergli perché alle amministrative del 1975 votarono i diciottenni per la prima volta e tanti, tanti votarono a sinistra, il pci, anche ad Afragola. Mi colpì un nutrito gruppo di uomini di mezza età e oltre, di benpensanti, persone politicamente mai di sinistra ma che già durante la campagna elettorale avevo notato talvolta ai comizi magari un tantino distanti ma curiosi del nuovo e delle novità di un partito giovane, secondo alcuni persino giovanissimo con tante ragazze e ragazzi innamorati di un modo diverso di fare politica e con negli occhi la voglia di un futuro da costruire insieme. Qualche compagno mi sussurrò all’orecchio vedendomi fissare con attenzione questi benpensanti che non dovevo farmi illusioni che erano qui per accreditarsi con i vincitori. Ma nei giorni successivi quelli stessi e altri vennero a congratularsi con noi con accenti positivi come di chi si aspettava grandi cose dai nuovi eletti pur sapendo bene che i dieci consiglieri comunali del pci non erano sufficienti a governare. Uno in particolare disse una cosa che a me sembrò eccessiva e che cioè a volte si può fare di più dall’opposizione. Al di là del paradosso vi era, magari inconsapevole, se non il riconoscimento almeno la scommessa su una leva di giovani sfidata a diventare una nuova classe dirigente.
Ma chi erano questi giovani che sognavano e si impegnavano perché anche ad Afragola soffiasse finalmente il vento del cambiamento che dal 68 si era fatto strada, vigoroso, nelle fabbriche e nelle scuole italiane? L’espressione “anche ad Afragola” non l’ho usata a caso. Rifletteva il luogo comune diffuso che rappresentava una città particolarmente refrattaria al cambiamento e pertanto diversa e singolare. Circolava anche una frase fatta che muovendo da aspetti veri e dipingendo Afragola tagliata fuori dallo sviluppo industriale e senza collegamenti con le autostrade che pure attraversano il suo territorio finiva con giustificare la mancata crescita economica, la propensione conservatrice sul piano culturale e l’immobilismo politico-amministrativo.


Avevo imparato a conoscere e a non sottovalutare questo insidioso modo di pensare a mie spese e a spese del pci di cui ero stato segretario e capolista alle elezioni amministrative del novembre 1972. Speravamo in una crescita elettorale del partito ad Afragola. Si erano create negli anni precedenti molte condizioni favorevoli. La figura di Antonio Bassolino da giovane segretario di sezione si era imposta come autorevole dirigente provinciale e, successivamente, quale consigliere regionale eletto nel 1970 con un suffragio considerevole di cui quasi ottomila preferenze ottenute ad Afragola. L’ascesa politica ed elettorale di Bassolino fu travolgente. Un ciclone che scosse la coscienza di tanti. Per la prima volta il pci di Afragola sembrò varcare i confini della rappresentanza dei lavoratori conquistando le teste e i cuori di figli della piccola e media borghesia , di donne, di cattolici chiamati ad un impegno sociale e politico. Quando Bassolino fu mandato a dirigere la federazione irpina del partito la sezione di Afragola ebbe paura. Paura di perdere l’uomo che in pochi anni aveva fatto crescere il pci mettendolo al centro della vita politica cittadina e innalzato a vette elettorali mai viste. Non senza difficoltà prevalse la scelta coraggiosa di proseguire sulla strada tracciata da Bassolino continuando ad investire sui giovani e sul rinnovamento.
Le elezioni amministrative del 1972 avrebbero dovuto premiare il partito alla luce di tutti i mutamenti davvero straordinari registrati negli ultimi cinque anni. In italia c’era stato il 68’, le grandi mobilitazioni degli operai e degli studenti. Ad Afragola era esploso Bassolino e con lui il partito era distante ormai anni luce dal vecchio clichè degli anni 50 e dei primi anni 60. Ci si attendeva una risposta elettorale positiva. Le cose andarono invece diversamente. Il Pci elesse cinque consiglieri comunali. Quanti ne aveva nel 1967. Certo la compagine era meglio assortita e rinnovata. Una donna per la prima volta entrava nel consiglio comunale ed era una nostra eletta. Ma i voti ci inchiodavano ad un risultato insoddisfacente. La delusione fu grande. A chi si crucciava ricordando la grande partecipazione al comizio di chiusura della campagna elettorale Antonio Siniscalchi ribatteva con sarcasmo che tutti i nostri votanti (i nostri voti diceva lui) quella sera erano in piazza. Come dargli torto?
Anche gli anni che precedettero il referendum sul divorzio del 1974 furono impegnativi e difficili. A Roma il governo Andreotti Malagodi , la sterzata a destra e il rafforzamento del MSI di Almirante alle elezioni politiche del 1972.

Nel mondo l’orrenda pagina del colpo di stato cileno nel del 1973. Ad Afragola una giunta sorretta in gran parte da una lista civica e da uomini che si pensava fossero usciti per sempre dalla vita politica incontrò l’opposizione del pci dura e intransigente. In consiglio comunale e tra la gente; nei quartieri dove riuscimmo a dare vita a comitati di cittadini per ottenere la soluzione dei problemi : dai servizi alla casa. Imparammo che le lotte non erano necessarie non solo nei luoghi di lavoro o nelle Università ma anche sul territorio. Che pure una città senza fabbriche e senza una tradizione di lotta sindacale e politica di fronte alle strade al buio o alla mancanza di fogne e di servizi era capace di organizzarsi e di lottare. Spesso, di mattina, saltando il lavoro o l’Università, mettemmo su cortei di donne dirette al comune ricevute da questo o quell’assessore strappando impegni e ottenendo risultati.
Cionondimeno quando sopraggiunse la campagna elettorale per il referendum sul divorzio la sezione del pci di Afragola non viveva un momento di grande attivismo: scarsa la frequentazione da parte di iscritti e militanti e ridotta l’iniziativa politica esterna. Alcuni compagni non sembravano cogliere fino in fondo la svolta modernizzatrice che sul piano culturale e del costume una vittoria del divorzio avrebbe significato per il Paese e per il mezzogiorno. Erano concentrati sullo scontro diretto tra sinistra e laici da una parte e dc e destra dall’altra e magari avevano qualche difficoltà ad esporre le ragioni di merito a difesa del divorzio.
Ad Afragola la forza della Dc e della Chiesa era innegabile. Non mancavano né mezzi né uomini e per la verità neanche le donne delle organizzazioni cattoliche che andavano casa per casa instancabili. I manifesti del Si erano onnipresenti e i comunisti soffrivano anche per la perdita di una supremazia che in altre elezioni avevano sempre conquistato con grande sacrificio personale.
E così in una sola notte Antonio Siniscalchi e i fratelli Varese ricoprirono tutti i lampioni stradali del viale che allora conduceva all’edificio scolastico Marconi (dove avevano sede un buon numero di seggi elettorali) di manifesti cartonati per il no. Fu un lavoraccio ma non fu inutile per la carica simbolica e per la diffusa curiosità di quanti chiedevano ammirati come fosse stato possibile piazzarne tanti e a quell’altezza creando un effetto scenico spettacolare.
Una domenica quando mancava poco al voto arrivò Mario Palermo. La Federazione napoletana lo aveva inviato perché lui era stato per anni consigliere comunale ad Afragola. Facemmo un giro in città e nei quartieri più popolari. Riconosciuto per il suo fisico imponente fu oggetto di tante manifestazioni di stima e di affetto. A chi lo interpellava quale uomo di legge sul divorzio illustrò con semplicità le ragioni del no. Rassicurò una donna che temeva di poter essere abbandonata dal marito accompagnando le parole col suo sorriso indimenticabile. Il 12 maggio 1974 l’Italia registrò un travolgente successo del no grazie al quale il divorzio fu confermato legge dello stato. Nel Paese Fanfani e la Dc, Almirante e la destra subirono un colpo formidabile.
Afragola votò in maggioranza per il si che ottenne il 55, 4% dei voti, il no il 44, 5. Un risultato inferiore ai voti del pci sommati quelli del partito Socialista e degli altri partiti laici alle elezioni politiche del 1972. Allora però avevano votato ben 5000 cittadini in più.
Il 1975 fu l’anno della grande avanzata del pci alle elezioni amministrative del 15 giugno. Sono partito da qui per ripercorrere alcuni aspetti dei primi anni ‘70 attraverso i ricordi di militante e dirigente locale della sezione del pci di Afragola. Anni in cui tutti crescemmo imparando ogni volta qualcosa dagli errori e dalle delusioni. L’esperienza del lavoro personale e collettivo unitamente alla spinta propulsiva della vittoria al referendum ci fece arrivare alla campagna elettorale per le comunali carichi di ottimismo e di idee. Nel nostro programma elettorale trovarono spazio proposte per l’agricoltura ,il trasporto pubblico con Napoli via tangenziale e tante altre proposte di miglioramenti concreti. I temi generali e più “politici” non occuparono tutto lo spazio dei nostri comizi come era accaduto prima. Parlammo molto di Afragola e dei suoi problemi. Criticammo una classe dirigente democristiana sempiterna facendo ricorso all’ironia sul programma e sui candidati stessi della Dc.

Facemmo una bella lista in cui spiccavano lavoratori dell’Alfa sud la nuova classe operaia , donne e giovani , tecnici , medici e un professore indipendente di sinistra. Infine arrivò la trovata geniale : girare un film su Afragola. Portare le immagini del degrado nelle piazze e nei luoghi della campagna elettorale e alla denuncia far seguire le proposte del partito. Buttai giù degli appunti come una sceneggiatura alla buona e mi affidai a due giovani compagni con la passione per le immagini e le tecnologie per quello che allora questo poteva significare. Michele Castaldo, ingegnere e Luca Castaldo fotografo emergente girarono in superotto un film a colori con un sonoro ben sincronizzato e chiaro lavorando per giorni e giorni a bordo della Cinquecento che Nicola Gala segretario della sezione aveva messo a disposizione dell’impresa. Intitolammo il film “Afragola quando?” La colonna sonora si apriva con le note di Midnight cowboy (dal film un uomo da marciapiede) lasciando poi spazio al Canto dei sanfedisti della Nuova Compagnia di canto popolare. Il film piacque e suscitò curiosità e attenzione soprattutto tra i giovani. La Dc fu costretta a parlarne, attaccandolo come un che di estraneo alla campagna elettorale sottovalutandone la portata innovativa ma dovette fare i conti con la forza ineludibile delle immagini.
Così andarono le cose 45 anni fa. Questi alcuni dei fatti che ad Afragola permisero al partito di crescere e raddoppiare la propria rappresentanza in consiglio comunale il 15 giugno 1975, una bella giornata calda che molti di noi non potranno mai dimenticare.

Gennaro Limone



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1 commento

  1. Un bel ricordo di un periodo in cui la politica era vissuta con passione ed il P.C.I. diventava anche ad Afragola un importante punto di riferimento di universitari e di professionisti di sinistra.
    Enzo Castaldo

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