Era l’anno 1974, nel mese di maggio si doveva tenere il referendum sulla conferma della legge sull’introduzione del divorzio in Italia o.il suo annullamento. L’istituto del referendum non era mai stato utilizzato nel nostro Paese ad eccezione di quello IstItuzionale del 1946 per decidere la forma di Stato da utilizzare, conferma della Monarchia o Repubblica. Come ogni impegno elettorale che si rispetta, anche il referendum fu preso con il massimo impegno da parte del PCI.

All’epoca facevo parte della FGCI ed essendo minorenne (ricordiamo che allora si poteva votare al compimento dei 21 anni ) partecipai , insieme ad altri giovani comunisti, a questa campagna referendaria potendo dare solo un contributo di partecipazione ma non di voto . Ricordo che nel pieno della campagna , fummo allontanati da un dibattito referendario che si svolgeva in una chiesa , poiché ci esprimemmo a favore del divorzio, mentre i partecipanti erano tutti di orientamento opposto. Nola , per tradizione politica era un feudo della DC e la presenza della Chiesa era forte e presente. In quell’occasione le due forze erano saldamente unite e gli spiragli per noi erano molto limitati.


Il giorno della consultazione fui spedito dal Partito in una sezione elettorale ubicata nel centro storico, vicino ad un convento di suore e con molta presenza religiosa. Ricordo che un altro elemento importante da ricordare era che essendo il referendum di carattere abrogativo, bisogna sempre spiegare bene che il no significa essere favorevoli al divorzio ed il si era l’opposto. Naturalmente questa formula ci faceva gestire la nostra descrizione verso chi ci chiedeva dei chiarimenti secondo il nostro orientamento. Nonostante l’impegno profuso, il risultato non fu per niente positivo per noi. Alla fine delle operazioni di voto lasciai la sezione elettorale con il sconforto massimo per il risultato ottenuto. Mi recai nella sezione del partito per avere notizie dell’andamento generale in città. In quei tempi non c ‘erano gli attuali mezzi di comunicazione e quindi bisogna ava attendere i risultati nazionali dalla televisione. Il morale non era alto per quello che Nola aveva espresso con il voto. D’altra parte non si potevano attendere miracoli.

La fiducia nel Paese invece c’era ed era tanta. Infatti quando, lentamente, incominciarono ad arrivare i dati del nord ed in particolare dalle regioni rosse, allora fu un trionfo incontenibile. La vittoria fu netta, il risultato locale fu subito accantonato e la gioia fu enorme. In sezione incominciarono ad arrivare persone non solo vicine al partito e fu in quel momento che si pensò dai prendere una corona di rose e portarla ai piedi della statua di Giordano Bruno . La distanza dalla sezione alla statua non era tanta, ma comunque si organizzò un corteo ed al canto dell’internazionale e di bandiera rossa depositammo la corona ai piedi della statua.
Nell’euforia del momento i commenti per la vittoria furono tanti, ma quello che è restato sempre nella mente fu quello di due popolane, che stazionavano sempre nella panchina sotto la statua del filosofo nolano, nella quale una chiedeva all’altra perché i comunisti avevano portato i fiori sotto la statua.

L’altra che conosceva i fatti , rispose che per i comunisti Giordano Bruno era per loro come un Santo.

Antonio Minieri

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