Conservo con orgoglio la mia tessera di iscrizione al PCI dell’anno 1964.
La sezione del PCI in quell’anno era in un locale a piano terra del fabbricato di Via Gramsci,38.

I compagni iscritti alla sezione, quasi tutti operai- ne ricordo qualcuno: Liborio Lanzano, Ciccio Di Micco, Antonio Siniscalchi, Gaetano Valentino, ed il leader Pasquale Esposito.
Pochi i diplomati tra i quali il più attivo era sicuramente il compagno Franco Laezza e credo che sia stato proprio Franco a farmi questa tessera.
Era il tempo in cui per la direzione politica della sezione la Federazione di Napoli inviava compagni, i quali poi quasi sempre dovevano essere eletti nel Consiglio comunale.
Ricordo perfettamente il compagno Andrea Geremicca .
C’era perciò forte bisogno di compagni con un livello di istruzione superiore per formare una classe politica locale competitiva con la classe politica DC al potere nella città, ed i compagni più anziani erano ben lieti che giovani universitari si iscrivessero alla sezione.
Nel 1964 frequentavo il II anno della facoltà di ingegneria alla Federico II, proveniente dal liceo A.Genovesi, scuola che allora era una fucina della cultura di sinistra a Napoli.
Spero di non sbagliarmi e di non apparire presuntuoso se dico di essere stato il primo universitario ad Afragola ad essere iscritto al P.C.I.; ed in quell’anno incontrai in quella sezione un altro giovane allora ancora studente liceale : Antonio Bassolino .
Due giovani con una buona cultura classica e di sinistra nella sezione erano per i compagni un valido motivo di speranza che si sarebbe formata una dirigenza politica più adeguata ai tempi, ed indubbiamente per Antonio Bassolino non si sbagliarono; con me si sbagliarono, ma non per questo mi dimenticarono.
Le esigenze del partito ci risucchiavano integralmente.
Mio padre ed il padre di Antonio, entrambi di idea non proprio di sinistra, erano amici ed avevano i negozi in Piazza Granturco; spesso si incontravano sfogandosi fra loro con discorsi di questo gene-re “ Chilli duie fitient vonno fa e’ comunisti e non vonno studià”.
Spesso la sera, dopo le riunioni in sezione, io ed Antonio ritornavamo a casa insieme e discutevamo della possibilità di conciliare l’attività di partito con il proseguimento degli studi universitari.
Una di quelle sere ci accorgemmo che io avevo fatto una scelta ed Antonio un’altra.
Non mi sentivo capace di conciliare gli studi universitari con l’intensità di attività politica richiesta dal partito e pertanto scelsi per il proseguimento degli studi universitari.
Rinnovai la tessera per altri tre anni, e pur senza più svolgere attività, continuai a mantenere la mia profonda convinzione politica dimostrandola sempre in tutti i miei rapporti interumani ,sociali e professionali, e per questo, i vecchi compagni che non si erano dimenticati di me cercavano sempre di coinvolgermi di nuovo nell’attività di partito invitandomi ad ogni elezione comunale a candidarmi nella lista del P.C.I., finchè nel 1985 , cioè nel periodo più buio del governo DC-PSI, anche per l’opera di convincimento del compagno Vittorio Mazzone , allora mio condomino e mio interlocutore in lunghe discussioni politiche, nonché del segretario di sezione Augusto Bassolino accettai e mi candidai, ben sapendo che le possibilità di essere eletto erano scarsissime perché i miei parenti e le persone che frequentavo non mi avrebbero votato essendo di diverso orientamento politico; inoltre nel tradizionale elettorato del partito solo i compagni più anziani si ricordavano di me, ma i più giovani non mi conoscevano affatto, né tantomeno ero stato inserito nella “quaterna” – allora c’era ancora questa consuetudine che ci veniva criticata come antidemocratica dalle altre forze politiche, ma, a mio giudizio, tutt’altro che negativa, alla luce di quello che poi è successo negli anni successivi, perché consentiva di eleggere quei candidati che per le loro caratteristiche potevano meglio svolgere il loro ruolo di rappresentanza nelle istituzioni: in fondo questo è uno dei ruoli fondamentali che la Costituzione assegna ai partiti cioè quello di formare e selezionare la classe politica.
La fortuna evitò di farmi uscire dalla competizione elettorale con le ossa troppo rotte: invero il direttivo del partito decise di farmi tenere il comizio di apertura nella manifestazione di chiusura della campagna elettorale con Antonio Bassolino.


Il risultato fu un successo del tutto inaspettato: tutti i compagni si complimentarono con me, dicendomi cose che ancora adesso conservo nella mia memoria, e molti di essi mi gratificarono anche con il loro voto.
Non fui eletto, ma dopo le elezioni, entrai nel gruppo dirigente del partito e ne feci parte, se non ricordo male, quasi ininterrottamente per dodici anni.
Anni quelli dal 1985 al 1993 di soffocante dominio democristiano e craxiano a livello nazionale e di forte condizionamento del potere criminale nella politica comunale .
In questo periodo, nel quale ho fatto parte quasi sempre della segreteria, ricordo alcune delle attività nelle quali sono stato prevalentemente impegnato:
1) Responsabile del partito nell’operazione di recupero dei fabbricati danneggiati dal sisma, settore sul quale erano concentrati molti interessi dei gruppi affaristici e criminali;
2) Partecipazione e collaborazione nel gruppo del partito diretto dal compagno Michelino Fusco per la redazione e diffusione del libro sui rapporti tra potere criminale e politico ad Afragola;
3)Impegno per il recupero del fabbricato di piazza Castello di proprietà del partito al fine di aprire ad Afragola una nuova sezione che si sarebbe chiamata “Casa del popolo”: impegno gravoso che fu portato a termine all’inizio degli anni 90.


Nel 1989, anno della svolta della Bolognina, sono stato ad Afragola tra i sostenitori della mozione del segretario Achille Occhetto che proponeva il cambio del nome del partito e fui il relatore di tale mozione in una manifestazione al centro Lumo con la partecipazione del
compagno Isaia Sales.
Di nuovo candidato alle elezioni comunali del 1990, feci il comizio introduttivo della manifestazione di chiusura della campagna elettorale con il compagno Giorgio Napolitano.
Gli anni seguenti furono quelli della fine del P.C.I e della sua trasformazione in P.D.S. : molti compagni storici lasciarono il partito per confluire nel nuovo partito della Rifondazione comunista.
In quegli anni fino al 1993 il mio principale impegno nel partito fu quello di portare a termine l’apertura della Casa del popolo, mentre da un punto di vista politico fui incaricato dai compagni della elaborazione e della scrittura di un documento delle linee programmatiche del partito.
La crisi dei partiti di governo per effetto di tangentopoli ,da un lato, e la formazione di questo partito che si presentava sostanzialmente trasformato nelle sue linee programmatiche, progressiste e di sinistra, che appariva non colpito dalla bufera di tangentopoli, contribuirono a far confluire nel partito nuova linfa. Molti giovani della sinistra giovanile ed esponenti del volontariato cattolico entrarono nel partito e furono cooptati nel gruppo dirigente nel partito.
Ricordo tra tutti Antonio Parisi, Mimmo Gaudiello, Biagio Quattrocchi che promossero nel paese molte iniziative di rinnovamento ed aggregazione politica.
Nell’autunno del 1993 fui eletto segretario del P:D.S. con i compagni della segretaria Antonio Parisi, Armando Puzio, Giuseppe Daniele e Raffaele Bencini.
In quel periodo si era già compiuta la disgregazione dei partiti di governo della città ed i principali
esponenti di quei partiti cercavano di prendere posizione nei due schieramenti che si stavano formando, ed il P.D.S. era indubbiamente il punto di riferimento principale del polo progressista.
Contemporaneamente in tutto il paese si respirava una nuova area di rinnovamento che manifestò i suoi effetti nella cosiddetta “primavera dei sindaci”.
La candidatura a Napoli del nostro concittadino Antonio Bassolino vide impegnato il partito in toto e me in prima persona nel sostegno della sua candidatura.
Nella primavera del 1994 si svolsero le prime elezioni politiche con il sistema maggioritario ed Afragola era il comune principale sia del collegio per la camera dei deputati –Afragola,Cardito e Casalnuovo- sia del collegio senatoriale costituito da sette comuni.
Lo schieramento dei “Progressisti”, coordinato a livello provinciale dalla federazione napoletana del P.D.S. sotto la guida del compagno Antonio Napoli, doveva designare i candidati nei singoli collegi della provincia.
Chiaramente c’era una forte spinta dai territori alla designazione di candidati locali.
In quella fase dovetti, come segretario del P.D.S. della città maggiore del collegio per la camera dei deputati, coordinare i gruppi dirigenti dei partiti delle tre città del collegio, Afragola, Cardito e Casalnuovo, per la designazione del candidato alla camera, essendoci una forte istanza di base di avere un candidato locale.
Al tavolo provinciale dei progressisti il collegio alla camera di Afragola era stato attribuito al P.D.S. e quello al senato, più sicuro da un punto di vista elettorale, era stato attribuito a Rifondazione comunista che aveva indicato un candidato molto radicato sul territorio: Vittorio Mazzone.
Dopo varie vicende, il coordinamento dei direttivi del partiti dei tre comuni del collegio mi incaricò di portare la mia candidatura per il collegio alla camera al tavolo dei progressisti, sia nella nella mia qualità di segretario del partito della città più grande del collegio sia come persona assolutamente nuova nel panorama politico provinciale.
Mi toccò, quindi, di andare direttamente a proporre la mia candidatura ad Antonio Napoli, il quale dopo avermi fatto i complimenti per alcuni documenti programmatici da me redatti e ed esaminati dalla segreteria provinciale, mi comunicò, giustificando con motivazioni politiche anche valide, che c’era stato un accordo con il gruppo dirigente di Rifondazione comunista di designare sul collegio alla camera un candidato di questo partito ed esattamente il compagno Vittorio Mazzone, ed al collegio al senato, più sicuro, un candidato del P.D.S. nella persona di un componente della direzione nazionale: il compagno Guido De Martino.
Coordinai con il massimo impegno la campagna elettorale dello schieramento dei progressisti.
Il risultato della vittoria di Guido De Martino al Senato, il quale sempre mi tributò i più sinceri segni di gratitudine e di riconoscimento per il mio impegno nella campagna elettorale.
In questa campagna elettorale debuttò sulla scena politica elettorale di Afragola, come candidato del neonato partito di centro di Martinazzoli, orfano della D.C. , il giovane Mimmo Tuccillo , cui
ero legato oltre che da vincoli di parentela da un sincero affetto per essere stato per molti anni suo professore di matematica.
Il candidato della destra Vincenzo Nespoli, conoscendo questi fatti, tramite il suo giornale cercò di seminare zizzania nello schieramento progressista, dicendo che il segretario del P.D.S. sotto banco cercava di favorire la campagna elettorale di Tuccillo a scapito di Mazzone; ma ben conoscendomi sia Mazzone che tutti i compagni non prestarono fede a questa provocazione invitandomi di non rispondere ad essa per stroncarla sul nascere.
Dopo qualche mese dalla conclusione della campagna elettorale, sia per la stanchezza sopravvenuta si per lasciare il passo ad un giovane di grandi capacità politiche mi dimisi da segretario e fu eletto a quel ruolo il compagno Antonio Parisi che guidò il partito, se non ricordo male, fino alla tornata elettorale nella quale fu eletto sindaco il dott. Pasquale Caccavale.
Nella fase di discussione all’interno del partito, sia per la mia profonda convinzione della necessità del rinnovamento politico e per lanciare un forte segnale in tal senso, sia per la grande fiducia nelle potenzialità politiche di quel giovane, mi feci promotore di una sua candidatura a sindaco, proposta che non passò perché ritenuta rischiosa dal punto di vista del risultato elettorale, ma fu condivisa da molti compagni.
In quella tornata elettorale riuscii a non candidarmi, pur restando ancora nel gruppo dirigente,
e ne feci parte, se non ricordo male come membro della segreteria fino alle elezioni comunali del 1997.
Feci allora parte di una commissione incaricata dal partito sia di trattare con le altre forze politiche del centro sinistra per la scelta del candidato sindaco, sia di scegliere i candidati della lista
del partito.
In questa operazione mi capitò un episodio molto significativo che mi fece capire la profonda mutazione che era avvenuta nel dna del partito.
Ad un riunione della commissione un compagno propose di candidare un medico, che a suo dire, avrebbe fatto confluire molti voti sulla lista; un altro compagno allora osservò “si dice però che quello presta i soldi ad usura” al che il primo replicò “ ma che ce ne frega l’importante sono i voti”.
I compagni, nonostante la mia resistenza, praticamente mi costrinsero a candidarmi.
I risultati dell’elezione furono nefasti per il candidato sindaco dello schieramento, per la lista del partito, per me e per il capolista che ebbe una novantina di voti di preferenza.
Mi resi conto che, soprattutto per effetto della preferenza unica, i partiti non potevano avere più nessun ruolo nella politica comunale, che sarebbe stata sempre più determinata quasi esclusiva-mente dai possessori di grandi pacchetti di voti, e si capisce quindi di chi, e ciò soprattutto nei comuni di piccole e medie dimensioni.
Dopo le elezioni mi dimisi dal partito e conclusi definitivamente la mia attività politica perché capii che il partito nel quale mi ero iscritto nel 1964 era cosa ben diversa da quello in cui ero tornato nel 1985, il quale era cosa ben diversa da quello del 1997, il quale, penso, era cosa ben diversa da quello di oggi: ma questo è il significato del divenire storico.

Enzo Castaldo

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2 commenti

  1. Ringrazio per la publicazione
    Enzo Castaldo

    1. Author

      Caro Enzo,
      grazie a te per averci inviato questa storia che meritava di essere letta e conosciuta anche fuori Afragola.

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