di Vittorio Mazzone

Dal 1960 al 1971 ho abitato a Napoli nei pressi del Teatro San Ferdinando e nel 1963 cominciai a frequentare la Sezione ” Curiel ” del PCI di via Cirillo, di cui nel 1967 divenni il segretario.
La nostra era una Sezione molto “vivace” , con una presenza variegata di popolo.
Avevamo tra gli iscritti lavoratrici e lavoratori delle tante fabbrichette di guanti e scarpe disseminate nei sottoscala di via Tribunali e di Spaccanapoli , studenti universitari e dell’Accademia di Belle Arti di via Costantinopoli, medici del primo Policlinico e , perfino, qualcuno che a Forcella tirava avanti con il contrabbando di sigarette.
Eravamo fermamente convinti che la cultura non dovesse essere patrimonio esclusivo dei ceti privilegiati. Tanta parte del popolo napoletano non aveva mai avuto la possibilità di entrare in un teatro, che si presentava ancora come una delle tante Istituzioni “chiuse”, che noi, invece , volevamo fossero “aperte” alla partecipazione democratica e popolare.
A partire dal 1969 cominciammo a lavorare per la costruzione di un Comitato di Quartiere, con l’obiettivo di batterci per migliorare la vivibilità nel Quartiere San Lorenzo e ,tra le altre cose, ci riproponemmo di organizzare degli spettacoli teatrali in piazza.
Per parte mia, seguivo con grande interesse la produzione teatrale di Eduardo De Filippo , tanto che non mi sono persa nessuna delle sue rappresentazioni.
Mi venne in mente, allora, di fare la “faccia tosta” e di chiedere a Eduardo la sua disponibilità per la rappresentazione di una sua commedia in una piazza del quartiere .
Accadde , così, che una sera di marzo del 1971, in occasione della rappresentazione di uno dei suoi ultimi lavori dal titolo IL MONUMENTO, mi recai al Teatro San Ferdinando e chiesi di parlare con Eduardo.
Ero preoccupato perché temevo che la mia richiesta non sarebbe stata accolta. Invece, dopo un po’, mi fu detto che Eduardo mi avrebbe ricevuto alla fine della rappresentazione.
Mi accinsi , allora , ad assistere allo spettacolo con un interesse ancora maggiore.
Ne IL MONUMENTO Eduardo immagina che nel 1945, una folla di personaggi singolari, tentando di sfuggire alla propria emarginazione, si raccoglie all’interno del basamento di un vecchio monumento danneggiato dalla guerra, per farsi compagnia, scambiarsi qualcosa da mangiare e raccontarsi le proprie storie.
Un giorno , però, per questa umanità dolente arriva l’ordine di sfratto, perché il suolo dove sorge il resto del monumento è stato acquistato da una società, che intende realizzare un progetto di risanamento edilizio.
Gli inquilini del monumento tentano di resistere ma, alla fine devono cedere e proprio nel giorno in cui arriva l’ordine di sfratto uno di loro viene trovato morto in cima al monumento.
A me la commedia piacque molto, perché evidenziava come nel dopoguerra la borghesia napoletana , con la sua ingordigia, si fosse resa responsabile del sacco urbanistico della città , incurante dei costi umani e sociali imposti alle componenti più derelitte del popolo napoletano.
Una parte del pubblico ,invece, manifestò apertamente il suo dissenso. Credo sia stata quella l’unica occasione in cui degli spettatori abbiano accolto una commedia di Eduardo, manifestando segni evidenti di disapprovazione.

Quelle reazioni mi diedero conferma del valore politico del messaggio eduardiano e animato da questi convincimenti e pieno di entusiasmo , mi recai nel camerino di Eduardo che mi accolse gentilmente e ascoltò con interesse il progetto che avevamo in animo di realizzare.
Quando mi chiese se avevamo già un’idea sulla commedia da rappresentare in piazza , lo vidi adombrarsi non appena gli proposi il lavoro di quella sera.
“Ma tu me vuoi fa piglià a mazzate?” , mi disse subito. “Hai visto come ha reagito il pubblico ?”
Non mi diedi per vinto . Avevo in mente un’idea di teatro “impegnato” e per questo ero convinto che quella commedia avrebbe avuto un grande successo popolare.
“No. No. Non va bene. Dobbiamo fare un’altra scelta” ,replicò con decisione Eduardo che in considerazione, forse, del mio entusiasmo, volle confermarmi il suo interesse per il nostro progetto.
Continuammo , quindi, a riflettere ancora per un po’ alla ricerca del lavoro più adatto per una rappresentazione teatrale in un contesto così particolare come quello di una piazza del centro storico di Napoli.
Eduardo era solleticato dalla novità assoluta della proposta anche se ne scorgeva le tante difficoltà di attuazione .
D’altro canto non era ancora iniziata l’era delle manifestazioni culturali in piazza che avranno , come primo esempio, la bella esperienza della “ESTATE ROMANA” , realizzata a Roma, a partire dal 1997 con Renato Nicolini.
Devo dire, però, che noi non abbandonammo la nostra idea .
Ebbi la fortuna, dopo qualche mese, infatti, di parlare del nostro progetto con Achille Millo che, con Marina Pagano, Antonio Casagrande e Franco Acampora , aveva messo in scena uno spettacolo molto bello dal titolo” IO RAFFAELE VIVIANI”.
Achille Millo e gli altri attori accolsero subito con entusiasmo la nostra proposta ed organizzammo una rappresentazione nel teatro parrocchiale della Chiesa di Piazzetta Santi Apostoli, a due passi da Largo Donnaregina.
Appena si sparse la voce di cosa stavamo organizzando , avvertimmo nel quartiere un consenso crescente per l’iniziativa, tanto che fummo costretti ad organizzare non una ma due rappresentazioni.
Centinaia di donne e uomini del quartiere, giovani e anziani, che non erano mai stati a teatro, vissero quelle sere un’esperienza nuova che avrebbero voluto si ripetesse.
Questa bella esperienza di teatro popolare, purtroppo, non ebbe seguito, anche perchè a Settembre di quell’anno ebbi la nomina di docente dal Provveditorato agli studi di Varese e fui costretto a partire per Gallarate.
Mi ritrovai a vivere, così, una duplicità di sentimenti contrastanti : la gioia per non essere più un disoccupato , potendo realizzare finalmente il mio sogno di lavorare nella scuola, e la rabbia per l’essere costretto ad abbandonare il mio mondo, i miei affetti e i progetti sociali e culturali che mi stavano a cuore.

Vittorio Mazzone


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2 commenti

  1. Grazie del gentile pensiero Vittorio, e della bella esperienza scritta condivisa. Da qualche parte ho letto che s’inizia a fare “teatro” sin da quando si nasce… allora su questo “palco”, continuiamo a raccontarci tutto il bene possibile… Grazie. Buona giornata.

  2. Emozionante il tuo racconto che evidenzia la tua indomita anima di pasionario Cque quella sera a teatro c ero anch’io ,non capivo bene cosa stesse succedendo ma condividevo la tua opinione ,a prescindere Poi ,mentre tu parlavi con Eduardo ,io aspettai fuori X non so quanto tempo Ancora oggi intendo sostenere ogni tua iniziativa ,a prescindere 😜😜

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