Ringraziamo di cuore Ubaldo Badi, Presidente oggi dell’ANPI di Salerno e cultore di storia del Movimento operaio.

Il suo saggio che segue, di cui trovate la seconda parte, è frutto di un altro suo lavoro di prossima pubblicazione, Editore D’Amato, dal titolo «Partito Comunista e lotte di classe a Salerno» [Per una storia del M.O. salernitano (1943-1974)] e al quale si rimanda per le note al testo e la bibliografia completa.

Per chi volesse approfondire la vicenda del dissenso nel PCI salernitano del 1943 il rimando è al volume “Varcando un sentiero che costeggia il mare” di U. Baldi, Ed. Gaia 2012; per le vicende salernitane degli anni ’70, “Operai e studenti uniti nella lotta”, 1970-1974 Cinque anni ribelli a Salerno, U.Baldi, Ed. Gaia 2018.

LA RICOSTITUZIONE DEL PCI, SETTEMBRE-DICEMBRE 1943
In questo contesto quindi, assunse particolare rilievo il fondamentale contributo che diedero nel lavoro di riorganizzazione politica, gli ormai ex-confinati politici antifascisti distribuiti in vari paesi del salernitano, tra questi ricordiamo: Fabrizio Maffi a Campagna, Giuseppe Massarenti ad Agropoli, Mario Garuglieri ed Elvezio Pennazza ad Eboli, Riccardo Morsut a Montesano sulla Marcellana, Giordano Dall’Ara a Calabritto, Danilo Mannucci e Dina Sernaglia a Baronissi, Ettore Bielli a Sala Consilina.
Il 10 settembre le prime avanguardie inglesi furono già in grado di raggiungere Salerno, ma solo il 18 gli alleati riusciranno ad aver pienamente ragione della resistenza opposta dai tedeschi e a “liberare” Salerno. In quei giorni concitati, il primo partito a ricostituirsi è quello socialista, che è l’unica forza che può contare su di un più rilevante retroterra storico a Salerno e soprattutto dalla presenza in loco di leader carismatici come i fratelli Cacciatore e l’avv. Petti. Sono proprio loro che assieme ad altri vecchi socialisti, in sole 48 ore, ricostituiscono a Salerno la sezione del Partito Socialista, che sarà in effetti la prima ad organizzarsi in tutto il Mezzogiorno e ne assume la carica di segretario, il più giovane dei due l’avvocato Francesco, per tutti Cecchino. Il 5 ottobre i socialisti Luigi e Francesco Cacciatore, Vincenzo Avagliano e Raffaele Petti hanno magna pars nella costituzione del Comitato di Concentrazione Antifascista, che nomina l’ex deputato Giovanni Cuomo a commissario prefettizio. In rappresentanza dei comunisti partecipano alla riunione l’avv. Ippolito Ceriello e Danilo Mannucci e questo è un particolare importante per gli avvenimenti che seguiranno.
In questa vacatio organizzativa, soprattutto di uomini, di militanti attivi su cui basare la ricostruzione del partito e del sindacato, si incastra la figura dell’ormai ex confinato livornese, Danilo Mannucci. E’ lui che in quei giorni della fine di settembre è tra i più attivi, buttandosi a capofitto nel lavoro materiale di ricostruzione oltre che del Sindacato anche del Partito. Mannucci però non opera da solo, una volta raggiunta Salerno da Baronissi dove era stato fino ad allora confinato, si incontrò presto con l’avvocato Ippolito Ceriello, comunista molto legato a Bordiga e anch’esso reduce dal confino. Saranno loro che cercheranno di orientare la Federazione salernitana su posizioni bordighiste e quindi i protagonisti degli agitati mesi tra il gennaio e l’agosto del 1944.
Come visto, furono appunto loro due a rappresentare il Partito Comunista nella riunione che formalizzava la nascita del Comitato di Concentrazione Antifascista. Non ne abbiamo documentazione ma appare molto probabile che i due – per i comuni trascorsi di confino o per essere entrati in contatto tramite la “staffetta” Matteo Romano – si conoscessero già ed evidentemente quest’incontro a Salerno non fu casuale. Sicuramente loro due, assieme ad un’altra ex-confinata, Franca Sernaglia, fanno da base all’iniziale e variegato raggruppamento che si costituisce alla fine di settembre, oltre loro tre vi sono Bonaventura Manzo, Giovanni Maria Ferrante, Matteo Romano, Panfilo Longo, Domenico Caracciolo e qualcun altro. A dicembre, sono questi che firmano una “relazione” inviata alla Direzione Nazionale, sollecitata da Sicignano e Autieri in quanto “..da voi delegati per l’organizzazione sindacale e politica della nostra Federazione..”, questo documento è importante sia in quanto precisa la data e i nomi dei militanti che costituiscono a dicembre la direzione della Federazione di Salerno, sia chi in quei giorni era stato individuato dal “Centro” al controllo della organizzazione politica e sindacale in provincia.
Fra i firmatari però, quelli che si impongono, probabilmente contando su una più solida preparazione teorica soprattutto appresa in clandestinità o nei luoghi di confino, sono Ceriello e Mannucci. Quest’ultimo inoltre poteva vantare anche una vasta esperienza organizzativa, acquisita nei circa venti anni trascorsi nell’esilio in Francia, sia nelle organizzazioni di partito che in quelle sindacali.



SEGRETARIO IPPOLITO CERIELLO (DICEMBRE ’43- AGOSTO ’44)

Il lavoro in sodalizio produsse effetti sinergici e fa sì che – tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre – venga ricostituita ufficialmente la sezione del PCI a Salerno, con l’incarico di segretario affidato a Mannucci. Quale data formalmente ufficiale di ricostituzione del PCI salernitano possiamo assumere quella del 5 dicembre 1943, data della relazione inviata alla Direzione Nazionale, nella quale viene riassunta l’attività svolta a Salerno dalla fine di settembre e si indicano le molte difficoltà organizzative imputate soprattutto alla ovvia disorganizzazione esistente nei trasporti, al basso livello ideologico dei compagni e alle resistenze e ostilità opposte dalle Autorità locali alle loro iniziative. Vengono però segnalati in circa 200 le adesioni al PCI nella sola Salerno e la costituzione di sezioni anche in provincia (Vietri, Fratte, Nocera, Pagani, Scafati, Montecorvino, Monte San Giacomo, Penta, Fisciano, Contursi, Battipaglia).
In quei giorni di gennaio del 1944, si pone anche la questione della partecipazione – il 28 e 29- al Congresso di Bari delle forze antifasciste dei sei partiti componenti il CLN. Al Congresso di Bari parteciparono delegati salernitani del C. P. del Fronte di Liberazione, su queste presenze effettive, vi è un piccolo mistero che riguarda il delegato PCI. Non è sicura la presenza di Ceriello a Bari, mentre è riportata la presenza di Mario Garuglieri e altri componenti la sezione del partito di Eboli, che – senza mandato della federazione salernitana e quindi a titolo personale – parteciparono invece al Convegno meridionale del Partito e al parallelo congresso di ricostituzione della CGdL, alternativa a quella “meridionale”.
Come abbiamo visto, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, Mannucci e Ceriello avevano iniziato l’opera di ricostituzione della sezione cittadina del PCI, lavoro che si concretizza il 10 gennaio 1944, quando si tenne – primo a svolgersi in Campania- a Salerno il primo congresso della Federazione Comunista provinciale.
Già a dicembre del ’43, la Federazione Comunista Campana si era schierata su posizioni critiche verso il governo Badoglio prospettando l’ipotesi di un possibile “contro governo”. Ancora, negli stessi giorni in cui si svolgeva il congresso salernitano provinciale, la Segreteria della Delegazione Meridionale del PCI – giudicando la questione istituzionale pregiudizievole – in un documento pubblicato dall’ “Unità”, prospettava di richiedere a Badoglio di dimettersi con la motivazione che in tal modo anche Vittorio Emanuele sarebbe stato costretto a farlo. Come si vede le posizioni che risultarono poi maggioritarie in quel primo congresso salernitano e che portarono alla elezione di Ceriello a segretario, avevano elementi comuni rintracciabili anche in altri organismi ufficiali del PCI campano, insomma quella di Salerno non era certo una voce isolata.


LO SCONTRO DI LINEA E LE ESPULSIONI DEI DISSIDENTI, GENNAIO-AGOSTO ‘44
A quel primo Congresso salernitano del 10 gennaio, parteciparono 14 delegazioni di 23 sezioni “semicostituite” in rappresentanza di 1000 iscritti, ma non ebbe certo uno svolgimento tranquillo. Nel suo corso si manifesta evidente la “spaccatura” creatasi all’interno del neo-ricostituito partito salernitano: da una parte il gruppo di Salerno (Mannucci, Ceriello, Sernaglia) e dall’altra, quale opposizione, i rappresentanti della “provincia”. Opposizione che si coagula essenzialmente attorno al più attivo di loro, Mario Garuglieri, rappresentante di Eboli.
Il Congresso di gennaio, alla fine delle due giornate dopo scontri e contrapposizioni anche violente, vide prevalere il vecchio Comitato Federale con Ceriello segretario, ma certo la lacerazione era avvenuta e profonda, creando i presupposti degli eventi che sarebbero seguiti. A febbraio le contrapposizioni e gli scontri personali si approfondiscono e tutto questo induce la Direzione nazionale, ad inviare quale Commissario straordinario alla Federazione provinciale salernitana – Marcello Marroni (Vittorio) – che il primo marzo, firma una nota dal carattere perentorio, in cui si sospende immediatamente l’accettazione di nuove domande d’iscrizione al partito, disponendo il riesame di quelle già pervenute, e invitando Ceriello, Mannucci, Sernaglia e Sansone a consegnare quelle in loro possesso.
Sarà però Garuglieri – una volta tornato Togliatti a Napoli – a partecipare, assieme a Sicignano di Scafati, al Consiglio Nazionale del 30 e 31 marzo. Lo stesso Togliatti interverrà nelle vicende salernitane, e lo fa dietro l’invito pressante che Sicignano e Garuglieri esprimono in quella sede, sciogliendo il 7 aprile il Comitato provinciale eletto a gennaio e nominando un Comitato di Riorganizzazione. Sono queste le premesse che creano le condizioni per l’attacco decisivo sia alla Federazione provinciale che alla CGL salernitana.
Nel frattempo il 21 aprile Badoglio riesce a varare il nuovo governo, comprendente tutti i partiti della coalizione, incluso naturalmente il PCI e il 27 il secondo Badoglio si insedia ufficialmente a Salerno, che è così consacrata Capitale d’Italia.
Lo scontro nella Federazione giunse a conclusione il 27 e 28 agosto, nel I° Congresso del PCI salernitano, che è in realtà il secondo, ma la logica burocratica arriva addirittura a cancellare la valenza di quello di gennaio. Questo di agosto viene celebrato nei locali della Federazione del PSI, tanto che ad aprire i lavori è il segretario socialista Raffaele Petti, ed è chiaramente un congresso di “normalizzazione” serve a ribadire l’avvenuta “riorganizzazione”. Garuglieri – ormai vincitore – tiene la relazione “organizzativa”, ufficialmente furono 65 le sezioni rappresentate con oltre 6000 iscritti. Nel corso del Congresso, il Comitato di Riorganizzazione comunica il provvedimento di espulsione dal partito di Mannucci, Sernaglia e Ferrante adottato dalla Direzione del Partito. Ceriello – non ancora ufficialmente espulso – ribadisce la sua posizione in una concisa mozione autografa presentata il 27 : “..ritenuto che con la tattica adottata nei confronti degli altri partiti e delle masse, si manifesta una profonda deviazione nella ideologia del partito, poggiata sempre sui principi marxisiti-leninisti; Considerato che la collaborazione al potere con gli altri partiti produce un profondo sbandamento nelle masse, prive come sono di una chiara direttiva classista; fa voti perché il Partito ritorni ad una politica più ligia agli interessi della classe operaia e più consona alle sane tradizioni rivoluzionarie del partito medesimo” .
Ma ormai le decisioni sono state prese, il funzionario incaricato dalla direzione di presiedere il congresso, Aladino Bibolotti, risponde riaffermando in modo autoritario la bontà della linea intrapresa con la “svolta” e proponendo anche l’espulsione di Ceriello, con la motivazione che le sue posizioni, non essendo in linea con quelle della Direzione, lo pongono oggettivamente fuori dal partito. Viene eletto segretario Pietro Amendola appositamente inviato dal Centro, a misura dell’importanza strategica che Salerno riveste in quel momento per il PCI ma anche della mancanza di una alternativa capace e credibile a livello locale. Alla fine del congresso Garuglieri annuncia che lascerà Salerno per far ritorno a Firenze ormai liberata, la sua missione normalizzatrice è finita.

Pietro Amendola


SEGRETARIO PIETRO AMENDOLA (AGOSTO ’44 – SETTEMBRE ’46)
Segue un periodo in cui vi sono problemi immediati di tipo organizzativo e di intervento concreto che possiamo sintetizzare in due punti. Il primo è quello teorico-pratico e relativo al nodo del dibattito interno sulle forme che il nuovo partito uscito dalle macerie della clandestinità e della persecuzione fascista, dovrà assumere per reggere l’impatto con la ricostruzione del paese nelle realtà meridionali, che come visto, era stato possibile solo alla fine di agosto ‘44. La regia della vicenda del dissenso interno a Salerno, risolta in maniera decisamente ruvida, era stata tutta di Giorgio Amendola, che lo fece tirando abilmente le complesse fila di quella prima fase, giudicando con dispregio le difficoltà incontrate fino ad allora a Salerno come dovute essenzialmente alla “..confusione di orientamenti politici e nel diffuso plebeismo massimalistico e settario..”.
L’altro corno della questione era anche questo ben consistente, rappresentato dalla carenza di uomini e di donne sulle cui gambe questo partito avrebbe dovuto camminare nell’immediato futuro e per la cui risoluzione non si poteva certo ricorrere a misure immediate, come era stato fatto con i drastici provvedimenti “espulsivi” adottati per liberarsi dalla dissidenza interna. La pressoché totale assenza di “quadri” già formati o comunque utilizzabili rispetto alle nuove linee politiche togliattiane della “svolta di Salerno” sarà un problema anche nei tre quattro anni successivi.
Il dominio amendoliano si completa dunque con la venuta a Salerno di Pietro, fratello di Giorgio, che farà il suo esordio ufficiale nella importante Conferenza provinciale di organizzazione, del 12 gennaio 1945, dove sono presenti 57 delegati di 37 sezioni “regolarmente costituite”, per un totale di 7.418 iscritti. Pietro Amendola, sottolinea criticamente le difficoltà più rilevanti, constatando ancora la grave situazione sociale e politica del salernitano, proseguendo con una disamina, a tratti impietosa, sullo stato del Partito che viene sollecitato ad attrezzarsi per farvi fronte.
Il Partito appare a quel punto esplicitamente in difficoltà di uomini e di mezzi, Pietro Amendola lo denuncia apertamente, sottolineando come la direzione politica in quei mesi sia rimasta affidata essenzialmente a tre persone – lui, Abdon Alinovi e Maria Antonietta Macciocchi – peraltro con una Federazione ristretta in un solo locale, senza una macchina da scrivere o un’automobile per muoversi.
Pietro continua l’analisi dello stato delle cose, da un lato scaricando ancora sul capro espiatorio Mannucci i ritardi nella organizzazione sindacale ma anche rispolverando vecchie accuse rivolte ai “..verbalismi massimalisti degli organizzatori di 25 anni fa..” e riferendosi chiaramente a Nicola Fiore.
In quel quadro, tra le organizzazioni di massa, anche la Federterra mostrava la sua debolezza, scontando una grave assenza nella maggior parte dei comuni della provincia, in una provincia invece prevalentemente agricola dove “.. il 60% della terra è nelle mani di 600 individui mentre il 40% è ripartito tra oltre 77.000 capifamiglia..”. Nella relazione veniva infine indicata la necessità di puntare su questa composizione prevalentemente agricola della provincia e quindi sul rafforzamento della Federterra, sulla necessità di incidere sui nodi cruciali del modo di distribuzione della proprietà terriera e del latifondo. Quest’ultima indicazione strategica è importante perché sarà la traccia su cui si svilupperà l’iniziativa del Partito negli anni immediatamente successivi.
Da gennaio ’45 a settembre ’46, periodo della segreteria di Pietro Amendola, nonostante le difficoltà obiettivate, l’azione degli uomini delle sezioni e della Federazione proseguirà incessantemente. Il quadro sintetico di questo lavoro, organizzativo e di uomini, lo si deduce esaminando sia la relazione che gli atti del 2° Congresso della Federazione, del 19-21 ottobre del ’45. Erano presenti stavolta, 105 delegati, mentre risultavano costituite 122 sezioni e un totale di 17.658 iscritti.
L’importanza di Salerno nel quadro generale di una sempre maggiore penetrazione del PCI nella complessa realtà del Mezzogiorno, appare chiaro nella relazione di P. Amendola, rappresentando “..il primo tentativo nella provincia, come in genere nel Mezzogiorno d’Italia, di far vivere un’organizzazione veramente popolare, espressione delle masse tenute costantemente in soggezione ed arretratezza. La nostra provincia e il Mezzogiorno hanno bisogno del Partito Comunista..”.
L’impegno è rivolto verso le donne e i giovani, viene infatti invocata la costituzione di una organizzazione giovanile di massa, come era già avvenuto a Eboli in un circolo capace di unire giovani di tutti i partiti o indipendenti. Sempre importante il versante del lavoro sindacale che richiedeva un impegno unitario, ma fondamentale appariva soprattutto il lavoro “contadino”, dove le energie andavano rivolte a rafforzare e sviluppare la Federterra, alla cui direzione provinciale era stato chiamato un quadro inviato sempre dalla Direzione Meridionale del PCI, si trattava del siciliano Vincenzo Guarisco, noto con lo pseudonimo di Guarnieri, che rimarrà a Salerno fino al 1946.
A settembre del 1946 si svolse la seconda Conferenza Provinciale di Organizzazione, presieduta da Luigi Longo e Giorgio Amendola, che aldilà delle problematiche emerse, già evidenziate in quella precedente, rivela come – a quel punto- il problema vero ed essenziale per il Partito salernitano sia quello della successione a Pietro Amendola, rieletto alla guida della federazione a ottobre del ’45, ma che dopo due anni ha deciso di rientrare a Roma. La sua partenza, preceduta da quella della Macciocchi, non trovando contestualmente una adeguata sostituzione, diede luogo ad una fase interlocutoria e quindi non risolutiva delle impellenti necessità organizzative e politiche che la situazione salernitana evidentemente richiedeva.

SEGRETARIO GUIDO MARTUSCELLI (SETTEMBRE ’46- DICEMBRE ’47)

Per coprire questa fase interlocutoria si fece ricorso a Guido Martuscelli, una bella figura di antifascista e giurista, ma i cui impegni professionali e di partito lo richiamavano spesso a Roma. Questa fase provvisoria durò poco più di un anno, risolvendosi infatti nel 3° congresso provinciale, che si tenne il 6-7 dicembre 1947, quando Martuscelli non partecipò addirittura al congresso, inviando una lettera nella quale – adducendo motivi di superiori impegni politici e professionali- declinava però fermamente l’invito ad una riconferma a Segretario della Federazione.

Ubaldo Baldi 2/continua

La prima parte : https://www.centoannipci.it/2021/02/01/per-una-storia-del-pci-a-salerno-1-il-lavoro-di-ubaldo-baldi-in-anteprima-per-centoannipci/

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