Antonio Siniscalchi e Vincenzo Barbato insieme in uno degli incontri annuali che riuniscono i compagni della Sezione PCI dell’Alfasud. Uno degli ultimi a cui Antonio ha partecipato.



Ricordare Antonio Siniscalchi è come ricordare i miei anni migliori del mio impegno politico e sindacale.
Ho conosciuto Antonio agli inizi degli anni 70 quando iniziammo a organizzare il Sindacato all’Alfasud. Stavamo effettuando un passaggio storico per il Sindacato, quello dalla Commissione interna al Consiglio di fabbrica.
Mi era stato affidato dalla Fiom Cgil l’incarico di procedere, insieme a un delegato della Fim Cisl e a un altro delegato della Uilm UIL, all’elezione dei delegati in tutta la fabbrica.
Una commissione elettorale divise i lavoratori presenti in quel momento in fabbrica in più di un centinaio di gruppi omogenei . Ogni gruppo formato da circa 50 lavoratori eleggeva un suo delegato. Ogni lavoratore votava scrivendo un singolo nome e veniva eletto delegato chi riceveva più voti.
Fu per me un fatto importante che mi permise di conoscere a fondo la fabbrica, i lavoratori presenti e i delegati che venivano eletti.
In quella occasione ebbi modo di conoscere bene Antonio Sniscalchi.
Eravamo nel 71, già l’avevo incontrato altre volte di sfuggita e comunque mi era stato segnalato come compagno della Cgil.
Venne eletto all’unanimità. Il suo gruppo omogeneo era un pezzo della Lastrasaldatura, dove vengono messe assieme, assemblate, le lamiere che formano la vettura spoglia.
Lo sentii parlare dopo il voto mentre ringraziava i lavoratori.
Mi colpì immediatamente. Era chiaro che era un compagno di esperienza, emanava grande energia e sicurezza.
Dopo qualche giorno ebbi la conferma delle mie impressioni………Era stato già delegato sindacale dei cantieristi, cioè dei lavoratori edili che avevano costruito a tempo di record i grandi capannoni della fabbrica.
La prima pietra era stata messa nel 1967.
Aveva condotto una battaglia difficilissima contro l’azienda che era assolutamente contraria a portare migliaia di edili in fabbrica ,con la camorra che pensava di poter dire la sua sulle migliaia di assunzioni da effettuare.
Poi, con il tempo, mi ha confessato che non mancarono le minacce dei camorristi nei suoi confronti. Ma lui seppe respingerle con coraggio andando avanti per la sua strada.
Tra l’altro aveva già avuto prima del 1967 altre esperienze lavorative, pagate con il licenziamento e con discriminazioni politiche e sindacali perché aveva tentato di costruire il Sindacato in anni quando esisteva solo il potere dei padroni e e i diritti dei lavoratori erano inesistenti.
L’elezione del primo Consiglio di fabbrica dell’Alfasud fu un successo per la Cgil non solo per l’assunzione dei lavoratori dei cantieri, ma anche per l’approvazione nel 1970 dello Statuto dei lavoratori che introduceva la democrazia nei luoghi di lavoro e, soprattutto, obbligava le aziende alle assunzioni tramite il Collocamento, un fatto che i dirigenti dell’Alfa Romeo non avevano messo in conto.
Siniscalchi dopo poco tempo diventò punto di riferimento in tutto il suo reparto e poi in tutta l’azienda.
Conosciuto tra gli operai , ma anche tra gli impiegati, tra quelli che non avevano grande voglia di partecipare agli scioperi, con la sua dialettica e con i suoi esempi sapeva essere molto convincente.
Si confrontava senza arretrare mai con gli extraparlamentari che ogni giorno a centinaia diffondevano migliaia di volantini attaccando il Sindacato confederale e il PCI.
Parlava con loro senza remore, spiegando con parole semplici e a volte convincenti le posizioni del Sindacato e del PCI, necessarie per gli interessi della classe operaia e della democrazia nel Paese.
Durante le grandi manifestazioni nazionali e provinciali assumeva sempre la testa del corteo. Era di una generosità inimmaginabile anche quando si trattava di fare le lotte più estreme e dure come quando, durante una trattativa di gruppo per equiparare i diritti NORD-SUD, l’azienda non voleva cedere e decidemmo di bloccare tutte le merci tra cui un carico di vetture finite da consegnare ai concessionari.
Siniscalchi Afiero, Marino ed altri compagni, fecero un picchetto sui binari, davanti al treno, notte e giorno per non farlo muovere fino a quando non arrivò da Roma la notizia che l’azienda aveva ceduto e aveva firmato l’accordo.
Siniscalchi come quasi tutti i compagni di fabbrica era attivo anche nel territorio, nella Sezione del PCI di Afragola.
Mi raccontava delle battaglie politiche, delle discussioni anche vivaci che vi si svolgevano, del suo rapporto di stima e di affetto con Antonio Bassolino, del ruolo che ebbe nella crescita politica del giovane Bassolino che in quel tempo era ai suoi primi passi politici ad Afragola.
Nel 1980 Siniscalchi, con Afiero e un largo gruppo di compagni di ogni parte della fabbrica, mi proposero di candidarmi a Segretario della Sezione di fabbrica dell’Alfasud, cosa che, dopo qualche resistenza da parte mia , avvenne.
Siniscalchi è stato componente della Commissione dei Probiviri della Sezione per molti anni e anche Presidente per alcuni.
Insieme con lui e con altri compagni abbiamo affrontato sfide da far tremare i polsi.


La sconfitta alla Fiat fece da spartiacque. Pesò enormemente sulla classe operaia. Dovemmo affrontare subito con il Sindacato , profondamente in crisi, la battaglia contro il taglio della scala mobile, battaglia che come si sa conducemmo con Berlinguer in prima linea e con il Partito che non era tutto dalla stessa parte.
In fabbrica la lotta fu condotta dalla Sezione e Siniscalchi si schierò in prima linea e non mancò di partecipare alle iniziative della sinistra sindacale. Fu una battaglia durissima che portammo avanti fino in fondo con convinzione e determinazione.
Intanto Siniscalchi si dimostrò anche protagonista assoluto delle feste dell’Unità.
Era il primo a raggiungere il luogo della festa per aiutare a costruire il grande stand dell’Alfasud, la famosa pizzeria, ed era l’ultimo a lasciare perchè doveva aiutare a smontare.
Memorabile fu la visita alla pizzeria di Enrico Berlinguer nel 1984, qualche settimana prima che morisse . Un atto e un giorno che sono segnati per sempre nella nostra mente.
Il tesseramento alla Sezione andava bene. I compagni erano motivati. Siniscalchi era un trascinatore.
Poi ci fu la mazzata della vendita dell’AlfaRomeo alla FIAT .Un trauma per tutta la fabbrica, per quello che avrebbe significato e, in effetti significò, la”fiattizzazione”.
Aprimmo con Bassolino a Roma, responsabile del Lavoro, la vertenza sui diritti negati e riuscimmo a porre qualche rimedio.
Ma, ormai, la svolta riguardava tutti , anche il Partito. La Sezione si schierò compatta per il NO al cambio del nome. E in quel periodo si chiuse anche il rapporto con la fabbrica Alfasud di Antonio Siniscalchi.
Andò in pensione e prese la sua meritata pensione ,utilizzando anche come era giusto che fosse, la legge per i discriminati politici sui posti di lavoro.
Lasciò la fabbrica, ma non lasciò la lotta e la battaglia politica.
Ci ritrovammo in tante altre battaglie per Napoli, per i lavoratori e per la democrazia. Ci ritrovammo dopo qualche anno insieme ancora una volta in una Associazione che nacque ad Afragola, ”Napoli oltre Napoli”, con Presidente Luigi Bassolino, vice Presidente Vincenzo Barbato con l’intento di avviare una riflessione sulla sinistra e sullo sviluppo dell’area metropolitana di Napoli.
Diverse furono le iniziative che riuscimmo a fare, compresa una proposta di legge regionale “sulle aree dismesse”.
Le riunioni con diversi compagni provenienti da diverse Città si tenevano ad Afragola a casa di Luigi e Siniscalchi con la sua inventiva e la sua energia non poteva mancare. Era(quasi) a casa sua. Ciao Antonio. Qui si continua.

Vincenzo Barbato



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4 commenti

  1. Ho avuto la fortuna di conoscere Antonio Siniscalchi e posso testimoniare che la Sua carica era …..
    trascinante

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