Il mio interesse per il Partito ebbe inizio in un periodo di grande fermento politico-culturale. Tutto cominciò nella associazione cattolica della parrocchia di San Giorgio di Afragola. Ero presente ad un dibattito tra giovani cattolici e giovani marxisti. Ad uno di questi convegni ebbi modo di conoscere Antonio Bassolino ed i fratelli Marseglia e da questo incontro nacque il gruppo da noi denominato “Il Tafano”. Io, Francesco De Nicola, ero responsabile del gruppo, insieme ad Antonio e ai fratelli Marseglia e rappresentavo la classe operaia. Abbiamo organizzato diversi incontri tra i giovani, favorendo uno scambio di idee e di pensieri sul nostro territorio. Molti tra questi giovani decisero di coinvolgersi attivamente nel gruppo, ma la forza propulsiva dello stesso si era ormai esaurita , e, quindi, decidemmo tutti di aderire al P.C.I ( Partito Comunista Italiano). All’interno del Partito si fece strada Antonio Bassolino che dopo qualche tempo fu eletto segretario del Partito. La media e la piccola borghesia di Afragola, in quel periodo, era interamente democristiana e i giovani studenti universitari, figli di questa borghesia, crearono all’interno delle famiglie grandi scompigli e conflitti. Passarono un paio di anni ed Antonio Bassolino venne candidato ed eletto Consigliere Regionale. Eravamo soddisfatti e contenti, tutti. Anche suo padre Gaetano. Fu l’inizio di una nuova storia: cambiò il modo di pensare, per molti ci fu una rivalutazione del Partito Comunista, la popolazione non lo guardava più con gli stessi timori di prima. La svolta avvenne soprattutto da parte della borghesia afragolese, il Partito era divenuto il luogo di incontro di giovani professionisti impegnati, con idee nuove e tanti propositi da avviare.
Ma in seguito per il Partito ci fu un periodo molto travagliato a livello nazionale-provinciale, che portò ad una inevitabile spaccatura interna. Si formò un gruppo vicino al “Manifesto” a cui aderirono Antonio Bassolino e quasi tutti i giovani presenti nel Partito. La parte ortodossa del Partito invece fu capeggiata dal compagno Franco Laezza. Dopo alcuni mesi di turbolenza, si arrivò alla resa dei conti: ci fu una grande assemblea nella sezione di Afragola, vennero da Napoli tre dirigenti per chiarire ogni posizione. Ne seguì un lungo confronto. Il compagno Siniscalchi, ricordo ancora, fece un intervento molto mirato, che seppur critico non era divisivo. Lo ricordo bene ed ancora oggi mi chiedo se fosse stato un intervento concordato anzitempo con Antonio Bassolino! A seguire ognuno ebbe modo di dire il proprio pensiero, rientrammo nella stessa condivisione di idee, anche Bassolino che per ultimo concluse l’assemblea. Eravamo talmente in sintonia in quel momento che sembrava esserci messi tutti d’accordo su cosa dire!


Un altro dei miei bei ricordi di lotta si riferisce a quando preparammo una manifestazione con un corteo che da piazza Castello di Afragola arrivò a Piazza Municipio in favore del Vietnam. Destò così grande curiosità che la gente si avvicinava domandandoci: “Ma cos’è sto Vietnam”?! Eravamo in tanti a manifestare, uniti dalla stessa grande voglia di cambiare le cose. La doccia fredda ci fu quando Antonio Bassolino ci disse che voleva dimettersi dal ruolo di Consigliere Regionale perché gli era stata offerta una possibilità nella segreteria della Federazione di Avellino. Certamente per lui, che a mio avviso è un animale politico, la proposta poteva essere allettante e importante. Per coloro, invece, che non animavano attivamente il Partito, la scelta di Antonio poteva essere incomprensibile. Lo stesso padre non comprese la sua decisione. Inoltre, questa lontananza dal Partito presentava un altro problema: chi poteva sostituirlo? Dopo tanto cercare, si presentò al Partito un ragazzino con un faccino pulito, molto educato, timido, ma molto intelligente: Gennaro Limone. Il giovane fu gettato in mezzo a una bolgia, la maggior parte di noi non accettava il passaggio di testimone. Il povero Gennaro, ricordo, uscì da uno dei primi incontri con le lacrime agli occhi, ma poi man mano riuscì a superare i primi momenti di difficoltà e diventò molto bravo, tanto da diventare il braccio destro di Antonio Bassolino.

!972. 22 ottobre. La manifestazione sindacale unitaria a Reggio Calabria


Un altro episodio dei miei anni di lotta è la manifestazione sindacale a Reggio Calabria, che era diventata una città sequestrata dai fascisti. In voga in quegli anni la famosa parola d’ordine: Boia chi Molla! Il viaggio in treno verso Reggio Calabria fu drammatico: il mezzo stette fermo per circa cinque ore, perché alle forze dell’ordine arrivò la soffiata di possibili ordigni sui binari. Ai compagni in treno invece fu riferito che eravamo fermi per un guasto al treno, per gestire possibili reazioni. Quando giungemmo alla stazione di arrivo con in mano le bandiere che sventolavano, vi erano ad aspettarci i compagni calabresi che ci salutavano da sopra le navi, accompagnati da suoni di sirene. Erano presenti alla manifestazione moltissimi dirigenti politici e sindacali, tra cui Bruno Trentin, che si preoccupò subito di chiederci come stavamo. Tutti erano particolarmente preoccupati per noi e lo capii dai loro visi pallidi. Solo in seguito scoprimmo la seriosa e minacciosa vicenda che ci aveva visti coinvolti. La manifestazione ebbe inizio. Una regola fondamentale era di non accettare provocazioni. Io facevo parte del servizio d’ordine, formammo, mano nella mano, una catena umana ai bordi della strada. Subimmo di tutto: sputi in faccia, insulti, lanciarono sanpietrini. Ma rimanemmo fedeli alla nostra idea di resistenza pacifica. La manifestazione si concluse benissimo ed il giorno dopo tutti i giornali titolarono: “ La classe operaia libera Reggio Calabria dai fascisti”. Ed io mi fermo qui, fissando nella mente questo bellissimo momento.

Franco De Nicola

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