Michele Gravano, militante e dirigente della CGIL per una vita, ci ha fatto pervenire questo INDICE: il progetto di un volume che avrebbe dovuto vedere la luce per questo Centenario e che invece è rimasto in un cassetto. Anche solo a scorrere titoli e temi della possibile ricerca si evidenzia quanto essa avrebbe potuto essere ricca e densa di spunti anche per il presente.

Lo pubblichiamo benvolentieri. E chi sa che…quel che non si è riusciti a fare ieri lo si possa invece fare oggi: per parte nostra possiamo sollecitare e rilanciare l’idea e dirci disponibili a concorrere ad essa per quel che può mettere in campo il nostro piccolo collettivo e a partire dal nostro osservatorio territoriale : nell’immenso patrimonio di negativi che Mario Riccio ha lasciato abbiamo realizzato la digitalizzazione di oltre 2000 immagini con una buona metà di esse almeno che si riferiscono ad almeno cinquanta anni di storia e di lotta operaia e del movimento del lavoro a Napoli e in Campania; abbiamo avviato una collaborazione con esperienze importanti come quella dell’Archivio del Movimento Operaio di Pomigliano d’Arco con il lavoro di Rocco Civitelli e con lui di tanti altri compagni,( nella home page del sito trovate anche il video della discussione sulla memoria operaia a cui Rocco ha fornito un contributo importante ) ; parte integrante dell’impegno di questo centoannipci è il lavoro che da Caserta con tenacia porta avanti Pasquale Iorio, altra vita spesa nella CGIL; e abbiamo ospitato nell’ultimo numero di Infinitimondi una bella riflessione su questi temi del Segretario Generale della FILLEA Alessandro Genovesi. ( https://www.centoannipci.it/2021/03/16/i-100-anni-del-pci-visti-dalla-cgil-alessandro-genovesi-segretario-generale-della-fillea-in-anticipazione-dal-nuovo-numero-di-infinitimondi-il-17-2021/ )

Forse se ne potrebbe discutere anche in un importante momento di confronto che proprio sui temi della rappresentanza sociale il FORUM LAVORO di Art.1 con Gigi Agostini e tanti altri sta organizzando per il prossimo 23 aprile.

Per ora, dunque, buna lettura dell’indice di un libro che (forse e comunque)…verrà.

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Appunti per un volume su I comunisti italiani e la “questione sindacale” (1921-1991)

In occasione del centenario dalla nascita del Partito Comunista d’Italia, la cui ricorrenza cade nel gennaio 2021, la casa editrice Ediesse intende procedere alla realizzazione di un volume dedicato a I comunisti italiani e la “questione sindacale” (1921-1991). Il libro sarà articolato in due parti.

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1. La prima parte affronterà il periodo compreso tra le due guerre mondiali (1917-1945), quando (anche) nel movimento sindacale italiano si costituì una corrente comunista, la quale riuscì a sopravvivere e persino a radicarsi in alcuni territori e aziende durante il ventennio fascista.

Organizzatasi all’indomani della Rivoluzione d’ottobre come minoranza all’interno della Confederazione Generale del Lavoro, diretta da una maggioranza riformista, la componente comunista si consolidò soprattutto durante il “biennio rosso”, in particolare nei due centri industriali di Torino (al Nord) e Napoli (al Sud), entrando in competizione con l’altra minoranza dei socialisti massimalisti; altri epicentri dell’azione sindacale dei comunisti furono Livorno e Taranto, dove essi riuscirono a conquistare la direzione delle locali Camere del Lavoro.

In questa primissima fase, sul piano dell’elaborazione teorica, particolare importanza ricoprì lo scontro, avvenuto nel capoluogo piemontese, tra Antonio Gramsci e Angelo Tasca, i quali si divisero soprattutto sul ruolo che avrebbero dovuto assumere i Consigli di fabbrica e sul rapporto tra sindacato e partito. A tale proposito, si ritiene necessario dedicare un approfondimento alla concezione sindacale di Gramsci, il cui pensiero, oggetto di una vastissima bibliografia, risulta poco indagato proprio su questo specifico tema.

Quanto alla pratica sindacale comunista, così come andò sviluppandosi nel primo decennio di attività (1917-1927), una fonte preziosa è fornita dall’organo sindacale del PCd’I, “Il Sindacato Rosso”, uscito dal 1 ottobre 1921 al 28 marzo 1925, facilmente reperibile anche in formato digitale; l’analisi del periodico verrà affiancata dallo spoglio del quotidiano “l’Unità” e di altre riviste di rilievo, come “Il soviet” di Amadeo Bordiga (1918-1922), “L’Ordine nuovo” di Antonio Gramsci (1919-1926) e “Lo Stato operaio” di Palmiro Togliatti (con le diverse edizioni, a partire dal 1923). Inoltre, saranno utilizzati alcuni fondi archivistici, con particolare riguardo alle fonti di polizia, a partire dai fascicoli del Casellario Politico Centrale, che permettono di ricostruire i percorsi biografici di molti attivisti sindacali e militanti di base.

Successivamente, si passerà ad esaminare il periodo dello Stato totalitario, dalla seconda metà degli anni Venti alla fine degli anni Trenta, quando i comunisti – gli unici in Italia – tentarono la strada della clandestinità, dando vita a una propria Confederazione Generale del Lavoro, in aperta competizione con la CGdL socialista di Bruno Buozzi. Tuttavia, considerata la soffocante stretta repressiva del regime, la gran parte del gruppo dirigente fu costretto a prendere ugualmente la via dell’esilio. Anche per questi anni occorrerà prevedere alcuni approfondimenti su singoli personaggi o momenti della storia comunista: ad esempio, sulla figura di Paolo Ravazzoli, per breve tempo alla guida della CGL comunista, ma presto espulso nella stagione avvelenata del socialfascismo; quindi, sull’acuta riflessione di Palmiro Togliatti a proposito del sindacalismo fascista, la cui profondità avrebbe contribuito a precisare e rafforzare la concezione sindacale dei comunisti; infine, sull’azione dei comunisti all’estero, specie in Francia, culminata nell’asse Buozzi-Di Vittorio e nell’infaticabile attività condotta da quest’ultimo, insieme a tanti altri compagni (comunisti e non), soprattutto nell’ambito dell’Unione popolare italiana. “Battaglie sindacali”, il periodico della CGL comunista, e “La Voce degli italiani”, organo dell’Upi, rappresentano certamente le due principali fonti a stampa per l’analisi di questo periodo.

La prima parte del volume, infine, si concluderà con un esame degli scioperi operai del 1943-45, organizzati prevalentemente dai comunisti: scioperi iniziati quando Mussolini era ancora stabilmente al potere e proseguiti, a sostegno della lotta partigiana, durante l’occupazione nazista, fino alla Liberazione, quando contribuirono in modo decisivo all’insurrezione finale.

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2. La seconda parte del libro affronterà la stagione repubblicana (1946-1991), quando i comunisti divennero la componente maggioritaria del sindacato italiano, grazie ai meriti acquisiti sul campo negli anni della dittatura fascista, della guerra mondiale e della Resistenza. La ricostruzione storica dell’intero periodo sarà possibile grazie all’imponente e fondamentale materiale documentario custodito presso la Fondazione Istituto Gramsci di Roma e l’Archivio storico della CGIL nazionale, ma anche grazie alla copiosa stampa sindacale (confederale, territoriale e di categoria).

Aprirà la sezione un’analisi della CGIL nel dopoguerra, diretta da Giuseppe Di Vittorio. Dapprima verranno esaminate le tappe salienti della CGIL unitaria, nella quale i comunisti furono alleati con socialisti e democristiani, concorrendo in modo significativo alla Ricostruzione del paese e alla stesura della Carta costituzionale. Quindi si ripercorreranno le vicende della CGIL “rossa”, priva cioè della componente democristiana, quando essa si distinse per alcune battaglie fondamentali, dal Piano del Lavoro allo Statuto dei diritti dei lavoratori; per arrivare poi al “terribile 1956”, quando la Confederazione si mosse in palese contrasto con il PCI. Per questa fase si può ipotizzare anche uno specifico approfondimento da dedicare alla “questione meridionale” e alla “questione agraria” nell’Italia del dopoguerra.

Successivamente, dalla fine degli anni Cinquanta, in una stagione segnata dal boom economico e dalla crescita industriale, si assiste a un rafforzamento complessivo del sindacato, sempre più imponente, trainato dai comunisti. Alla fine di tale ciclo, tuttavia, negli anni del “lungo ‘68”, di fronte a un sindacato sempre più democratico (grazie al ruolo dei Consigli di fabbrica), autonomo (per il varo delle incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito) e unitario, non mancheranno attriti e incomprensioni tra i comunisti della CGIL e del PCI, come mostrano i successi della sinistra sindacale di Sergio Garavini e Bruno Trentin, la parabola personale di Agostino Novella e le ricorrenti critiche alla CGIL di Luciano Lama da parte di Fernando Di Giulio, l’importante dirigente del partito chiamato a occuparsi delle questioni sindacali.

Particolarmente delicata, agli occhi degli storici, risulta essere la vicenda complessiva degli anni Settanta, pure caratterizzata da innumerevoli successi sindacali (sul piano salariale e normativo, nel controllo dell’organizzazione del lavoro come nella costruzione del Welfare), coerentemente perseguiti dai comunisti. Eppure, dalla metà del decennio né il compromesso storico tra DC e PCI, né la strategia dell’Eur promossa dalla Federazione unitaria riusciranno a porre un freno alla crisi economica e alla violenza politica, che inaugurano la lunga stagione di declino della “Prima Repubblica”, favorito anche dai pesanti condizionamenti internazionali. In tale quadro non potrà essere dimenticata la figura del comunista della FIOM-CGIL Guido Rossa, delegato dell’Italsider di Genova, ucciso barbaramente dalle Brigate Rosse.

Negli anni Ottanta il declino nazionale, la crisi del comunismo e la parabola del sindacato si manifestano in modo veemente. Nonostante la resistenza frapposta dal movimento sindacale, con i comunisti schierati in prima linea (come mostrano le vertenze della Fiat nel 1980 e sulla scala mobile nel 1984-1985), le relazioni industriali virano a netto vantaggio delle imprese, anche grazie a un ciclo economico neoliberista e a un ciclo politico ultraconservatore che si diffondono in Occidente, sferrando il colpo di grazia al comunismo reale.

Così, sul finire del decennio risulta a rischio non solo l’egemonia dei comunisti nella CGIL, ma la stessa esistenza della Confederazione come soggetto politico autonomo. Tuttavia, a partire dal congresso del 1986, il gruppo dirigente confederale, guidato da Antonio Pizzinato, avvia un percorso decisivo di “rifondazione sindacale”, proseguito e concluso da Bruno Trentin. Il progetto di quest’ultimo per un “sindacato dei diritti”, fondato sulla centralità del “programma”, diventa così il cuore di una svolta epocale, che apre e fonda una nuova stagione sindacale, tuttora in corso. È questo l’ultimo contributo dei comunisti alla vicenda originale del sindacato italiano. Lo scioglimento della componente, avvenuto nel 1990 dopo la caduta del Muro di Berlino e sanzionato dal Congresso di Rimini del 1991, è l’atto finale di una storia lunga ed esemplare.

Ipotesi di indice:

Parte I. La minoranza comunista della CGdL e l’elaborazione di una nuova cultura sindacale

  • La nascita e i primi anni della corrente comunista della CGdL (1917-1927)
  • Il biennio rosso, i Consigli di fabbrica e lo scontro tra Gramsci e Tasca (1919-1920)
  • La concezione sindacale di Gramsci, da “L’Ordine nuovo” ai “Quaderni dal carcere”
  • I sindacalisti comunisti tra clandestinità ed esilio (1927-1943)
  • Gli scioperi del 1943-1945
  • Parte II. I comunisti alla guida della CGIL e lo sviluppo di una cultura sindacale autonoma
  • La CGIL di Giuseppe Di Vittorio (1944-1957)
  • Sindacalismo “per la classe” o “della classe”? Dal boom economico al “lungo ‘68” (1958-1973)
  • I sindacalisti comunisti nella crisi italiana (1973-1979) Dalla vertenza Fiat alla scala mobile (1980-85)
  • La “rifondazione sindacale” e la centralità dei diritti (1986-1991)
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