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La memoria del nostro recente passato è in pericolo: come molte conquiste che sembravano acquisite sino a pochi decenni fa pare è sempre più difficile conservare e valorizzare vicende che hanno segnato la storia contemporanea recente, trasmettendone esperienze e significati alle giovani generazioni.
Questa vera e propria rottura della continuità si manifesta in maniera drammatica tra coloro che si riferiscono, idealmente e culturalmente, alle Sinistre politiche e sociali. Sfibrati da decenni di sconfitte hanno ormai una grande difficoltà a riconoscersi nelle narrazioni quotidiane e spesso sembrano non riuscire a ricordare e testimoniare eventi, azioni e idee di cui sono stati pienamente partecipi.
Giunge dunque a proposito il bel volume di Antonio Borrelli Tra comunità e società, sulle vicende della Casa del Popolo di Ponticelli e, in generale, sull’associazionismo popolare nel Novecento. L’autore, che è stato per molti anni bibliotecario presso la Biblioteca Universitaria di Napoli, è un autorevole studioso di storia della scienza e, assieme, un attento osservatore della realtà sociale circostante. Originario egli stesso di Ponticelli con questo lavoro ha inteso ricostruire la vicenda di un’ importante organizzazione popolare che caratterizzò per decenni la vita del quartiere, vera e propria roccaforte operaia e “rossa” nella Napoli del dopoguerra.
La Casa del Popolo di Ponticelli nasce nella prima parte degli anni sessanta del secolo scorso ma affonda le sue radici in correnti di pensiero e di azione e in fenomeni sociali molto più antichi che ci riportano alle prime esperienze di società di mutuo soccorso dell’ultima parte dell’Ottocento. Dal saggio di Borrelli si crea così uno spontaneo collegamento con alcuni fondamentali lavori sulle origini del movimento operaio italiano e sui primi sviluppi, lavori, inutile dirlo, oggi praticamente dimenticati. (1)
Raccontando la genesi di quell’esperienza, l’autore valorizza una “continuità storica” tra periodi diversi, evidenziando come determinate tendenze resistettero agli eventi avversi e riproporsi nei momenti di cambiamento: è appunto il caso delle forze sociali e degli abitanti di Ponticelli che, sconfitti dal fascismo, seppero riproporre le proprie tradizioni, contribuendo in prima persona alla liberazione ed alla costruzione della democrazia repubblicana. Analizzando con intelligenza e con partecipazione emotiva le numerose esperienze culturali che, dal 1945 in avanti, contraddistinsero il quartiere, Borrelli riesce a fornire una prospettiva unificante di ampi movimenti popolari in grado di proporre a sé stessi e agli altri una volontà di partecipazione alla vita politica, culturale e civile davvero complessiva che includesse battaglie politiche e sindacali, capacità di suscitare dibattito, diffusione della cultura a tutti i livelli.
L’attenta analisi della genesi della Casa del Popolo, con particolare riferimento ai fatti del dopoguerra, permette di evidenziare un elemento culturale di estrema rilevanza: in anni, al tempo stesso difficilissimi e drammatici quali furono quelli seguiti alla fine della guerra e alla Liberazione, le esperienze come Ponticelli seppero tenere assieme un lavoro culturale e civile che sviluppava in maniera globale, una positiva reazione alla brutalità ed all’ignoranza dei vent’anni di dittatura fascista e, contemporaneamente, uno spirito critico e “interdisciplinare”. Piace soprattutto sottolineare come la realtà di Ponticelli abbia prodotto in quegli anni una molteplicità di iniziative dalle associazioni culturali, come la “Leonardo da Vinci”, al locale circolo del cinema, che si muoveva in sintonia con altre analoghe strutture che proliferarono in quel tempo nella città di Napoli e nel Paese in generale. Esperienze che, assieme alla rilevanza dell’azione politica vera e propria, in particolare quella espressa del Partito Comunista Italiano, determinarono la ricchezza di idee e di dibattito di quel periodo.
Naturalmente un particolare spazio nel volume di Borrelli è dedicato al momento storico in cui l’attività del Casa del Popolo di Ponticelli raggiunse il suo maggiore sviluppo, dalla metà degli anni settanta sino alla prima parte degli ottanta: un periodo storico oggi completamente dimenticato, raccontato in maniera svogliata alle giovani generazioni, quando pure viene raccontato, come “gli anni del terrorismo”. Anni invece in cui l’Italia fece passi avanti straordinari nella democratizzazione del Paese, nella diffusione della cultura, nella conquista di un maggiore senso civile. La Casa del Popolo rappresentò un’esperienza di grande qualità in tal senso e con la collaborazione di tante energie seppe sviluppare un interessante modello di partecipazione in campi diversi, da quelli più direttamente politici a quelli culturali. Si vedano, ad esempio, i notevoli risultati raggiunti nelle arti figurative in cui, grazie alla collaborazione di artisti dell’epoca, alcuni già da anni affermati, altri allora molto giovani, la Casa sviluppò importanti iniziative per circa un decennio.
Con il cambiamento generale intervenuto alla metà degli anni ottanta la Casa del Popolo inizia il suo declino e come tante strutture analoghe operanti in altre zone d’Italia vede progressivamente restringersi il proprio campo d’azione e il proprio pubblico. La crisi che colpisce l’organismo di Ponticelli è resa ancora più complessa dalle drammatiche trasformazioni economico-sociali degli ultimi decenni: da un lato la fine delle grandi strutture industriali con la drastica contrazione del proletariato di fabbrica che aveva caratterizzato la composizione sociale del quartiere ed era stato il primo destinatario delle attività della Casa; dall’altro la specifica trasformazione di Ponticelli che, negli anni che seguono il grande terremoto del 23 novembre 1980, diventa anche il quartiere di nuovi segmenti sociali che, persa le proprie abitazioni nel sisma, vengono risistemati in nuove aree a Ponticelli con risultati, dal punto di vista dell’integrazione sociale, non brillanti.
Malgrado lo scenario così diverso e molto più difficile, o forse proprio per questo, l’autore non rinuncia a chiedersi, nelle pagine finali del volume, se sia possibile e in qual modo rivitalizzare una così importante esperienza. E lo fa con un approccio che opportunamente fonde il rigore dello studioso sociale, che sin nel titolo del lavoro ha messo in evidenza i due elementi centrali di ogni ricerca, comunità e società, con l’impegno civile. Per questo conclude il libro con una significativa sollecitazione:
“La casa del popolo di Ponticelli, proprio in virtù della sua storia basata sul confronto e la memoria critica, potrebbe cimentarsi anche nelle sfide sociali e culturali della contemporaneità più avanzata. Si tratterebbe di riformulare pratiche sociali e usi degli spazi in chiave inclusiva e non esclusiva…..Si tratterebbe di fare emergere e dare forma a solidarietà ancora implicite tra i cittadini, che si nascondono sotto l’apparente omogeneità dei desideri e dei bisogni individualmente concepiti.” (2)
Noi riteniamo che ciò sia possibile, soprattutto se si pensa a quanto, nelle grandi aree metropolitane sia necessario introdurre elementi di innovazione sociale che conducano ad una “rigenerazione urbana” complessiva, non relativa alla risoluzione delle sole, molte problematiche di carattere strutturale ma in grado di porsi come realistico obiettivo quello di ricreare forme di socialità a tutti i livelli. Ed è interessante notare come le esperienze culturali e civili di un’organizzazione come la Casa del Popolo di Ponticelli, e quelle di molte altre strutture analoghe, siano straordinariamente affini, in molti contenuti, ad esperienze della modernità come le biblioteche del circuito londinese di Idea Store e che proprio la città di Napoli nei prossimi mesi potrebbe diventare, in materia, un interessante laboratorio. (3)

Ferruccio Diozzi

(1) Ci si riferisce in particolar modo a un saggio classico come quello di Nello Rosselli, Mazzini e Bakunin, Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872), Torino Giulio Einaudi editore, 1967; al lavoro di Stefano Merli, Proletariato difabbrica e capitalismo industriale. Il caso italiano 1880-1900, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1976 e a quello di Michele Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911-1915), Firenze, La Nuova Italia editrice, 1971.

(2)  Cfr. Antonio Borrelli, Tra comunità e società. La casa del popolo e l’associazionismo nella Ponticelli del Novecento, Napoli, fedOA Press, 2019, p. 124.

(3) Sull’esperienza londinese di Idea Store si vedano i lavori di  Sergio Dogliani, La (mia) verità su Idea Store,  “Bollettino AIB”,  49(2009) n.2, p. 259-267 e  Non solo biblioteca: nei sobborghi londinesi prende forma un laboratorio creativo che sa interagire con i cittadini, in I nuovi confini della biblioteca. Verso un servizio culturale integrato che si apre al territorio, a cura di Massimo Belotti, Milano, Editrice Bibliografica, 2011, p. 45-50.

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