di Gianfranco Nappi

Sono diversi i meriti dell’agile e concentrato volume edito da Laterza da Luciano Canfora La Metamorofosi ovvero ( come da quarta di copertina ): “…il cammino che ha condotto una formazione politica ( quella educata nel PCI ), per progressive trasfigurazioni, a farsi alfiere di valori antitetici rispetto a quelli su cui era sorta.”.

La riflessione di Canfora ha in primo luogo il merito di fare piazza pulita di tutta una polemica nei confronti del PCI animata non solo dalla destra ma anche da consistenti settori liberaldemocratici e alimentata perfino da certi revisionismi storico-politici di sinistra e tendente a presentare la storia del PCI come quella di una sostanziale ‘doppiezza’ : democratici ma fino a un certo punto perchè poi sempre pronti a ribaltarla la democrazia; Italiani ma fino a un certo punto perchè poi pronti agli ordini di Mosca…e via discorrendo.

E, neanche a farlo apposta, il campione di questa presunta doppiezza per questo filone polemico è Palmiro Togliatti.

Ora, qui davvero Canfora da il meglio di se e con argomentazioni secche ma non meno efficaci da’ invece conto, ripercorrendo quelle fasi, di quanto la gestione politica dall’8 settembre 1943 in poi, con un paese diviso in due ed ancora investito dalla guerra; e poi la gestione della delicatissima questione istituzionale fino all’esito del Referendum sulla Repubblica e poi i Governi di Unità nazionale, e la Costituente con il suo frutto più prezioso, la Costituzione, pur dopo la rottura dei Governi unitari, vedano in modo costante e determinato il ruolo dei comunisti e proprio di Palmiro Togliatti in primo luogo.

Il PCI è la Costituzione dice in qualche modo Canfora: non ovviamente come padre solitario ma certo come determinatissima volontà a incardinare in e con essa un nuovo corso della vita di un paese da ricostruire dalle fondamenta : il tutto plasticamente simboleggiato da quel testo che reca anche la firma del comunista Umberto Terracini.

Proprio su questi aspetti voglio peraltro ancora una volta rimandare al bel confronto promosso dal CRS della Campania di cui vi ripropongo il link :https://www.youtube.com/watch?v=R-dS4-iJffc&feature=youtu.be

Un capolavoro politico supportato e reso ancora più chiaro dalla svolta per un ‘partito nuovo’, di massa e popolare, capace di organizzare e promuovere la partecipazione di grandi masse popolari alla vita democratica del paese.

Le due cose, Costituzione e Partito di massa, stanno insieme e hanno rappresentato i due capisaldi a partire dai quali il PCI ha fatto argine nei confronti di tutti i tentativi, che ci sono stati eccome, di ricacciarlo in un angolo , di colpirne legittimità ,spazio politico e influenza nelle scelte per il paese.

Leggere parole chiarissime su questo terreno, di questi tempi, non è cosa da poco e va a tutto merito di questo intellettuale coerente e che al tempo stesso è uno dei più autorevoli storici del nostro paese.

A partire da queste considerazioni Canfora sottopone a critica radicale gli approdi ‘democratici’ degli eredi di quella storia, lo sradicamento fino, appunto, alla metamorfosi di una forza che sostiene ideali sostanzialmente antitetici a quelli della sua primigenia origine.

E anche qui è difficile non condividere. Dov’è invece che il suo ragionamento non convince? Sostanzialmente la sua tesi è che l’approdo socialdemocratico, non solo gradualistico e riformatore chiaramente acquisito, ma quello esplicitamente volto al ricongiungimento con la cultura socialdemocratica era già maturo in Togliatti ( ci sarebbe da discutere su questo, ma lasciamo la materia agli studiosi e agli storici ), e sostanzialmente dopo il fallimento del Compromesso storico l’errore di Berlinguer è stato quello di non trarre tutte le conseguenze su questo terreno e di aver cercato invece ancora strade impossibili che differenziassero la cultura politica del PCI non solo dall’Est ma proprio ancora dalla socialdemocrazia europea. E anzi, più di una volta esposto egli stesso, qui il giudizio è perfino un po’ sprezzante, nei confronti delle ‘fumisterie’ di Ingrao.

Ora, qui mi appare evidente una grande contraddizione del suo ragionamento.

Se si critica l’approdo ad un neoliberismo per quanto temperato , chiamiamolo con il suo proprio nome, e governativista di una parte non piccola degli eredi di quella storia non si può poi criticare Berlinguer per – anzitempo e probabilmente pur non avendo chiare tutte le derivate dei processi in atto – aver contestato una deriva della sinistra socialdemocratica che in Europa, proprio in quel tornante degli anni ’80, a fronte della Thatcher e di Reagan indirizzava la sua politica e le sue scelte in una chiave di supporto diretto alla rottura neoliberista e concorreva a delineare i caratteri della costruzione europea più coerenti con questa ispirazione. Fino alla terza via Giddens-Blair e all’asse con Clinton.

Ora il problema è che questa metamorfosi che ha visto protagonista in Europa proprio quella socialdemocrazia verso cui invece secondo Canfora ci si sarebbe dovuti indirizzare, da’ invece ragione dell’esigenza di una ricerca su di un terreno diverso e nuovamente critico nei confronti dei limiti e delle contraddizioni del capitalismo : come si vede bene oggi, dopo il 2007/2008, in piena crisi sociale, climatica e pandemica.

Non srandicandosi da una storia ( a cui nei fatti ha condotto la rottura occhettiana ), ma ricongiungendosi esattamente ai suoi principi, alle sue origini : e questa storia è certo quella del socialismo europeo, e provandone a sviluppare caratteri e contenuti nuovi.

Se invece dovessimo provare a rispondere alla domanda finale del libro di Canfora : saprà la socialdemocrazia europea rispondere alla vittoria del capitalismo finanziario globale, che dovremmo dire? Ma c’è ancora in Europa una socialdemocrazia? E dove ha casa? In Germania sfibrata dalla Grande coalizione? In Francia dove è ridotta ai minimi termini? In Spagna dove solo i limiti elettorali e l’intelligenza di Podemos l’hanno costretta ad un Governo di sinistra? In Italia? Ovunque essa vive è chiusa, se ci riesce, nel fortino del Governo mentre impazza una onda non placata di malessere di una società che non si sente rappresentata; invisibile ed esposta.

La verifica dunque per ogni scelta è quella concretissima: dimmi come ti poni di fronte alle disuguaglianze, alle gigantesche asimmetrie di conoscenza e di potere, allo strapotere di pochi grandi gruppi globali e ad una estrema messa a valore del mondo delle cose ( fino a minacciare la vita sul pianeta), che genera una altrettanto estrema messa a disvalore della vita degli uomini e delle donne, per dirla con il giovane Marx, e io ti dirò che sei.

Ma su questo, non credo che la pensiamo diversamente da Luciano Canfora.

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4 commenti

  1. Gianfranco Nappi, tenace e coraggioso ad ampliare con metodo rigoroso il confronto storico politico complementare al ” dibattito” intorno ai “Cento anni del PCI” ….Inviti a dare sempre più spazio alla “fatica” di
    esplorare , scandagliare severamente la memoria storica ( da più angolature e convari strumenti) per
    – decifrare severamente il presente dove aumentanto disuguaglianze, ingiustizie , scarsa partecipazione e mortificazione di diritti ( percepiti inattaccabili fino a qualche tempo fa)…
    – costruire ( consapevolmente dell’inedita complessità) un futuro vicino e lontano con una nuova visione di progresso e di democrazia attraverso una pluralità di confronti impegnativi – anche divergenti – ma con l’obiettivo di lavorare per uscire al più presto da troppa nebulosità e accelerazione di trasformismi politici e contrapposizioni mistificatrici, ecc….
    ….in questo periodo mi ritrovo studentessa che vuole sapere e capire… Insomma mi “tocca” leggere anche il libro del grande Luciano Canfora.

  2. Un libro da studiare perché non è il solito collage dei libri di Veltroni o d’alema.Ritornare a pensare come faceva Ingrao con le sue utopie per rilanciare una politica di sinistra egualitaria e solidaristica puo giocare ai militanti del PD,soprattutto dopo l’indecisionismo di Zingaretti.

    1. Author

      Gentile Bruno, ti ( tra compagni penso possiamo darci del tu), ringrazio per l’attenzione e per il tuo commento. La mia preoccupazione fondamentale nella valutazione dello scritto di Canfora era valorizzarne il punto su cui si è invece cercato di massacrare la storia del PCI da tempo immemore: la doppiezza togliattiana, la sua eterodirezione, la sua inaffidabilità democratica, a conferma appunto del suo peccato originale: l’essere nato…Senza il PCI la Costituzione, ovvero questa Costituzione, non ci sarebbe stata con tutto quel che ne deriva. Certo, e concordo con te, disegnare un Togliatti come antesignano della socialdemocrazia è più di una forzatura. Anzi, l’originalità dei Comunisti italiani a mio modo di vedere è stata proprio questa : concepire la lotta per il socialismo e per un orizzonte di liberazione umana come una progressiva espansione della democrazia e riduzione della distanza tra governanti e governati. Su questo cardine ha lavorato con ostinazione l’ultimo Berlinguer. Ed è proprio da questo cardine che sarebbe stato possibile affrontare la tempesta dell’89 per uscirne in modo diverso da come invece si scelse. Ancora grazie.

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