Oggi Luigi Necco avrebbe compiuto 87 anni: Buon Compleanno diciamo con Geppino Mariconda, suo collega in RAI per svariati decenni e a cui abbiamo chiesto un suo ricordo. Luigi non era uno dei Ragazzi di Via Cervantes ma quello era in qualche modo anche il suo mondo, erano suoi amici. E quello fu anche il suo impegno politico che lo portò nel 1997 a guidare la lista del PDS per le elezioni comunali a Napoli. Ed è per tutti questi motivi che la sua vicenda e il suo ricordo sono collocati qui, in questo spazio che, dedicato a l’Unità di Napoli, lo è in qualche modo ad alcune tra le migliori esperienze di giornalismo.

Un giornalista popolare, carismatico, simpatico: Luigi Necco. Napoli, recentemente, ha deciso di dedicargli una strada, riconoscendo il suo straordinario rapporto con tutte le componenti cittadine: culturali, sociali, sportive, patrizie e plebee. Come gli avevano insegnato i grandi scrittori che aveva avuto la fortuna di frequentare una volta assunto in Rai: Luigi Compagnone, Mimì Rea, Samy Fayad, Federico Frascani e il cronista a tutto tondo, Franco Ammendola, da cui aveva imparato a scovare la notizia, a verificarla e poi a raccontarla. Ecco: una delle sue capacità straordinarie, a differenza di molti altri cronisti, era quella di andare in diretta, a braccio come si dice in gergo, anche senza scrivere una riga. Eppure spaziava dalla cronaca alla cultura, dalla politica allo sport. Dal Tg1 all’Occhio del Faraone, da Nord chiama sud a Mi manda Rai tre, fino a l’Emigrante, da pensionato, su un’emittente privata, ma sempre per celebrare Napoli, per calarsi nello scrigno dei ricordi. Raccontare trent’anni di coesistenza professionale con Luigi, Gigi per tutti noi, non è semplice. Anche perché a volte il simpaticone davanti all’obiettivo della telecamera diventava irascibile e scontroso dietro la scrivania. Non era facile avere un rapporto costante, si alternavano con frequenza alti e bassi, anche perché – proprio per la popolarità, acquisita sul campo- aveva il terrore di “toppare”, come si dice in gergo. E quante volte ho dovuto controllare (per suo conto) che l’inviato del Tg2, l’indimenticabile Joe Marrazzo, non avesse quel particolare in più o quel dettaglio esclusivo che poteva rendere maggiormente interessante il proprio servizio. A me era concesso, non tanto perché lavoravo soprattutto per il Tg due, ma perché potevo avvalermi proprio della stima, dell’amicizia e della stretta “collaborazione” con Marrazzo. Un esempio? Durante tutto il processo ad Enzo Tortora, Joe seguiva il dibattito in aula e – a mezzogiorno- mi forniva, dal telefono fisso nella sala attigua all’aula, tutte le notizie per il collegamento al tg delle 13, che io effettuavo dallo studio. All’epoca non c’erano telefonini, telecamerine portatili, skype o altre piattaforme digitali. Per le dirette erano necessarie pesanti attrezzature e personale tecnico. Oggi è la “rivoluzione” tecnologica. E Gigi Necco, sono certo, si sarebbe saputo adeguare immediatamente per utilizzare al meglio tutte le opportunità che la tecnologia può offrire. Basta ricordare che, con i primi radiotelefoni montati sulle autovetture Rai, faceva a gara con Luciano Lombardi, altro storico volto televisivo e inimitabile voce radiofonica, per collegamenti in giro da tutta la regione. E a proposito di quella primordiale tecnologia, che oggi sa di giurassico, ricordo quella tragica domenica 23 novembre 80. Il terremoto. I telefoni della redazione di via Marconi, come tanti, andarono in tilt per la tremenda, interminabile scossa. Impossibile qualsiasi collegamento. Ma io conoscevo l’esistenza di un radio telefono. Era nella stanza di Franco Ammendola. Quando arrivai in Rai, assegnato ai turni serali ed alla cronaca, proprio Franco mi spiegò che per qualsiasi evenienza, compresa la sicurezza aziendale, c’era quel telefono sempre attivo, notte e giorno, feriali e festivi, con la corrente elettrica e senza. Ed io me ne ricordai quella domenica sera. Composi il numero dei vigili del fuoco di Avellino e mi rispose il comandante in persona, mi presentai e chiesi informazioni su quanto stava succedendo. La risposta fu lapidaria: “Se veramente lei è la Rai faccia un appello immediato. Tutti i vigili devono rientrare in un caserma, è una strage. Mi hanno segnalato da sant’Angelo dei Lombardi centinaia di possibili vittime”. Finita la conversazione corsi nella stanza del caporedattore Baldo Fiorentino e riferii. Necco era presente ma dopo un quarto d’ora era scomparso. Con l’auto munita di radiotelefono era già andato a prendere a casa il suo operatore storico, Adolfo Costa, ed era già diretto verso l’Alta Irpinia. Primi collegamenti radiofonici e poi tutto il resto, che è ormai storia.
Come ormai appartiene alla cronaca, diventata storia recente, l’agguato di cui fu vittima poco più di un anno dopo. Trattare lo sport nella storica trasmissione “Novantesimo minuto” con riferimenti, a volte ironici, anche a drammatici e sanguinosi fatti di camorra non gli procurava molti amici. Al di là dei ragazzini festanti che facevano contorno ai suoi commenti sportivi dallo stadio qualcuno masticava amaro. Così minacce di sostituire con un collare la sua mitica sciarpona rossa seguivano le intimidazioni e i sottili avvertimenti. Anche indiretti. Tanto è vero che qualche tempo prima di notte la polizia aveva fatto rimuovere una cabina telefonica da poco sistemata proprio di fronte all’ingresso della Rai a Fuorigrotta. Quella domenica, all’uscita dal ristorante “Titino”, a Mercogliano, storico punto di ritrovo, per i cronisti sportivi inviati ad Avellino, mentre stava per salire in auto con Emanuele Giacoia radiocronista di “Tutto il calcio minuto per minuto”, fu colpito alle spalle. Due colpi di pistola alle gambe. La drammatica notizia arrivò in redazione creando grande preoccupazione, ma fu proprio Luigi a rassicurare tutti dal suo letto di ospedale nella dichiarazione rilasciata al microfono del collega Gianni De Chiara, accorso insieme al capo redattore Fiorentino.


Dal quartiere popolare della Sanità, dove era nato l’8 maggio del 1934, a Fuorigrotta attraversando il resto del mondo. Studioso di archeologia aveva dedicato buona parte della sua esistenza alla ricerca del tesoro di Troia e ne aveva raccontato la scoperta in un libro, laureato in lingua e storia russa ogni tanto apostrofava colleghi con la lingua cirillica. Nell’armadio una tromba che di tanto in tanto faceva squillare. Momenti di grande entusiasmo e simpatia alternati da burbero isolamento. Dotato di una personalità straripante riusciva comunque a dominare le situazioni più drammatiche. Ne ricordo una per tutte. Un giovane di Forcella ricoverato per overdose all’ospedale Ascalesi, muore. I parenti accorsi e sconvolti decidono di portare via il corpo. Un reato molto grave. La polizia si schiera ai margini del popoloso rione, indecisa sull’intervento, quando arriva Luigi Necco con l’operatore. Lo accoglie una piccola folla di amici e curiosi radunati davanti alla casa del morto. Tra i tanti uno lo riconosce e subito domanda “Dottò ‘o vincimmo ‘o scudetto?” . Chiaro esempio della capacità, tipicamente napoletana, di passare dal dramma alla- come dire- leggerezza quotidiana. Luigi con prontezza intavola il discorso sui probabili successi sportivi ma sottolinea anche la gravità dell’accaduto e delle possibili conseguenza. Parla, ricorda, racconta, commenta, certo è che dopo un paio d’ore il corpo del giovane viene riportato in ospedale.
E Luigi Necco proprio grazie alla sua genuina “napoletanità” riusciva spesso a colpire con punte di ironia anche graffiante. Ne sono testimonianza alcuni suoi interventi in consiglio comunale. Perché Gigi, formatosi alla scuola politica dell’altro indimenticabile Luigi (Buccico), per anni redattore Rai e assessore comunale), non si fece mancare nulla: anche l’esperienza, su esplicita richiesta di Antonio Bassolino, di capeggiare la lista dei Democratici di sinistra nella sua rielezione. Il presidente del consiglio comunale, Tino Santangelo, ricorda ancora i suoi interventi per dirimere controversie su rievocazioni storico culturali tra Necco e il sapiente esponente della destra, l’avvocato e parlamentare Antonio Parlato.
Quando aveva voglia di raccontare, ne sono evidente testimonianze i suoi numerosi lungometraggi televisivi, ti coinvolgeva con un linguaggio semplice ma raffinato, testimonianza della sua solida cultura ma anche delle sue molteplici attività lavorative prima di approdare definitivamente al giornalismo. Precisione del linguaggio, argomentazioni che sollecitavano interesse e che trasmettevano conoscenza con la passione di chi si sente protagonista del suo tempo.
Certo un personaggio popolare. Anzi un napoletano popolare. Gli piaceva essere riconosciuto e distribuiva simpatia. Amava intrattenersi e parlare con chi incontrava, da via Chiaia ai Quartieri spagnoli. Anzi raccontava che durante un giro in campagna elettorale venne invitato in uno dei”bassi” da dove proveniva uno stuzzicante profumo di ragù e su insistenza della padrona di casa dovette assaggiarlo. Un tozzetto di pane intinto nella pentola e i complimenti alla cuoca. Ne parlava, tempo dopo, con malcelata soddisfazione. Resta il dubbio: per il sapore genuino del ragù o per l’ennesimo riconoscimento di una popolarità straordinaria?
Buon compleanno Gigi.
Giuseppe Mariconda

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1 commento

  1. Grazie Geppino Mariconda! Grazie Gianfranco Nappi e redazione di CentoanniPCI! Efficace descrizione di eventi e contesti storici in cui ritrovo papà! 👋

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