IL GRANDE ALBUM FOTOGRAFICO DI SOMMA VESUVIANA

Un’ulteriore dimostrazione della capacità di comprendere i cambi di fase politica e di aprirsi alla società la sezione la diede nel 1993. In quell’anno si sperimentava il sistema dell’elezione diretta dei Sindaci ed era il tempo dell’esplosione di  tangentopoli. Nel paese si respirava un’aria di forte antipartitismo. La sezione si trovava di nuovo in una fase di ricostruzione e di recupero di credibilità, a causa dei deprecabili comportamenti del segretario e del capogruppo consiliare, costretti ad abbandonare il Partito per motivi giudiziari. Allora, dopo una serie di incontri tra i partiti di sinistra ed un movimento civico, che era sorto nel paese e di cui facevano parte persone di diverso orientamento politico ed anche nostri simpatizzanti, il nuovo gruppo dirigente si orientò a sostenere la candidatura di Alfonso Auriemma, un serio ed onesto funzionario delle Poste Italiane, espressione del movimento.  Quindi si formò una lista civica, senza simboli di partito che, proprio per la eterogeneità culturale e politico-ideologica fu chiamata “Uniti per Somma”. La sezione, allora PDS, aveva fatto una scelta non facile, che comportava la rottura col Partito Socialista, suo storico alleato che, incurante di essere coinvolto coi suoi uomini più rappresentativi nelle inchieste giudiziarie, pretendeva di imporre un proprio rappresentante come candidato a sindaco. il candidato della lista civica andò in ballottaggio col 28,65%  ed al secondo turno vinse col 67,9 %. La vittoria era stata determinata dalla adesione della maggioranza degli elettori alla proposta politica di rinnovamento sostenuta con determinazione dal Partito. Un’ analoga mossa vincente fu quella del 2001 quando la dirigenza della sezione riuscì a ricostruire un centro-sinistra eleggendo un medico (Vincenzo D’Avino) di estrazione socialista ma in quel momento più vicino al PDS. Anche questa esperienza durò poco. Una  richiesta, tesa ad ottenere un cambio di metodo nella gestione amministrativa, fu spinta al punto tale da determinare la fuoriuscita dalla maggioranza che con molta fatica si era riusciti a realizzare. Sostanzialmente si finì col fare il gioco di chi poco digeriva la presenza del Partito nella maggioranza. L’incapacità di coesistere per tutta la durata di una consigliatura  con forze sociali  e culturali diverse si è rivelata una costante nel tempo. Benché consapevoli della striminzita rappresentatività sociale è prevalsa sempre una tendenza a voler esercitare un’egemonia su persone, culture  ed orientamenti diversi  e la tendenza al perseguire il  “tutto e subito”. I diversi gruppi dirigenti,  in diverse fasi storiche, hanno sempre commesso lo stesso errore.  In nome di un’intransigenza etica hanno rotto le alleanze non comprendendo che i cambiamenti culturali  e comportamentali delle persone e quelli della Storia sono  processi  lunghi e  si costruiscono lentamente e che la ricerca dell’ottimo spesso è nemica del buono. Occorreva invece resistere, avere più pazienza e capacità di mediazione per  consolidare  il risultato  raggiunto nell’aver allontanato dal potere locale le forze di centro destra e difendere nel tempo anche quelle conquiste che apparivano di poco conto per mantenere aperta nel paese la prospettiva progressista. Gli spazi di libertà che si erano aperti nel paese  portavano con sé una crescita del Partito in termini di quantità degli iscritti e della loro qualità. Si formò in quel clima politico una generazione di giovani dirigenti che tutte le forze politiche ci invidiavano. Quindi  anche nel 2003, come nel 1958 e nel 1974, fu interrotto un processo di maturazione e crescita politica del paese in direzione progressista e di sinistra. Sono ormai 15 anni che nel paese governano e si consolidano le forze di centro destra ed una serie di liste civiche e personalistiche di incerto orientamento.

LA LOTTA CONTRO LO SVERSATOIO

Richiamati per sommi capi i problemi e le costanti che hanno caratterizzato in sessant’anni la vita della sezione mi pare giusto anche evidenziare alcune storiche battaglie sostenute nel corso dei decenni e che hanno fatto riscuotere ai gruppi dirigenti rispetto e considerazione tra la popolazione sommese. Una prima manifestazione di impegno fu la lotta contro l’installazione di una discarica  avvenuta nel corso del 1961. In quell’anno infatti il Sindaco De Siervo con una decisione autocratica, diede il nulla osta ad una famiglia di imprenditori ottavianesi (La Marca) per la realizzazione sulle pendici orientali del Monte Somma di uno sversatoio di rifiuti organici e speciali provenienti da Napoli e dai Comuni della provincia. Il PCI ed il PSI, uniti  nella opposizione a quella  decisione  del sindaco, furono capaci di suscitare nel paese  un notevole interesse. I cittadini, preoccupati per i danni che la discarica avrebbe potuto arrecare all’ambiente, da secoli considerato tra i più salubri della zona, ed alla loro salute, diedero vita ad un movimento d’opinione metapartitico. La battaglia politico amministrativa coinvolse buona parte della gioventù locale e non mancarono atti violenti ed intimidatori. Emblematico del clima di tensione politica del momento resta l’aggressione subìta da uno studente universitario, a conclusione di una manifestazione pubblica in piazza nel corso della quale aveva parlato contro lo sversatoio. A quella battaglia, oltre ai dirigenti della sezione, parteciparono anche i gruppi parlamentari comunisti di Senato e Camera dei deputati. Mario Palermo al Senato e Massimo Caprara alla Camera presentarono ai Ministri dell’Interno e della Sanità interrogazioni sul problema. Queste produssero una prima sospensione del provvedimento assunto dal Sindaco e la dichiarazione dei Ministri dell’Interno e della Sanità che, essendo stata la situazione determinata da un’ emergenza temporanea, lo sversatoio sarebbe stato attivo provvisoriamente. Ma si sa che in Italia niente è più definitivo del provvisorio, per cui, un po’ per l’abbassamento della tensione nel movimento di opinione ed un po’ per una serie di minacce ed intimidazioni agli uomini della sinistra, lo sversatoio continuò ad essere attivo per più di 30 anni ancora, recependo  rifiuti,  provenienti da Napoli e provincia, la cui natura è rimasta tutt’ora ignota e che si ritiene sia la causa di molte malattie gravi che oggi colpiscono la popolazione. Lo sversatoio fu chiuso nel 1994  da Alfonso Auriemma, il Sindaco della società civile. L’Amministrazione da lui  guidata ingaggiò una difficile vertenza  giudiziaria con i titolari del sito (i fratelli La Marca di Ottaviano) e con altre Istituzioni che in quel momento dovevano fronteggiare un’emergenza rifiuti determinata da un’ordinanza di Antonio Rastrelli, presidente della Regione Campania. Questi aveva imposto la chiusura della discarica Amendola – Formisano di Ercolano perché ormai satura. I Sindaci non sapendo dove andare a smaltire i loro rifiuti avrebbero voluto conferirli presso la discarica di Somma. Il Sindaco Auriemma, decretò la chiusura dello sversatoio in due tempi. In prima battuta diffidò i proprietari della discarica ad accogliere i rifiuti provenienti da altri Comuni. Avendo poi riscontrato che, sui terreni su cui insisteva la discarica, sconfinando, avevano attrezzato, senza alcuna autorizzazione comunale, un nuovo invaso per poter recepire i rifiuti provenienti dai Comuni che stavano in emergenza, li denunciò per abusivismo edilizio e con un’apposita ordinanza ne  impose la chiusura definitiva. A supporto di quell’azione amministrativa ci fu un movimento popolare che con picchetti costanti impedì per giorni e notti  l’accesso alla discarica dei camion della spazzatura, provenienti dai paesi della provincia. Si distinse in quella battaglia popolare il nostro compagno Riccardo Esposito Abate, che da decenni ne denunciava i pericoli per la salute della popolazione. Nell’ambito della festa de l’Unità, che la sezione svolse nel 1979 a Rione Trieste, allestì una mostra fotografica in cui si notavano decine di buoi che frugavano tra i rifiuti per alimentarsi.

I gruppi dirigenti la sezione si ponevano sempre il problema dell’espansione e rafforzamento organizzativo del Partito per cui, a più riprese, s’impegnarono ad aprire delle sottosezioni in altri quartieri del Paese dove esistevano nutriti gruppi di iscritti- : agli inizi degli anni 60 al Casamale[1] e degli anni 80 a Rione Trieste[2]. Si preoccupavano altresì di garantire continuità alle battaglie politiche investendo sui giovani affinché nuova linfa entrasse nella struttura del partito stante la sua persistente precarietà. A metà degli anni 60 promossero l’apertura di una  sede della FGCI distinta da quella del Partito per consentire ai giovani di assumere iniziative politiche autonome finalizzate ad attrarre altri giovani verso l’impegno civile e politico. Ma gli entusiasmi iniziali, dopo qualche iniziativa sulle tematiche della pace internazionale,(era in atto la guerra del Vietnam) cominciarono a spegnersi al punto che si dovette chiuderla per assenza di partecipanti. Negli anni 1968/1969, periodo di contestazione generale la sezione versava in una condizione di estrema debolezza. Contava circa 120 iscritti ed il suo gruppo dirigente era costituito da persone dai quarant’anni in su. Tra l’altro doveva superare le conseguenze dell’abbandono di un  un importante dirigente (Gigino Angrisani) per motivi mai chiariti anche per la scomparsa dei verbali di assemblea in cui si dichiarava la sua espulsione. La sede del Partito era allocata in un “umido e fatiscente terraneo” [3]sito in Via Gramsci n°16, e stava quasi sempre chiusa. Veniva aperta prevalentemente la  sera del sabato o la domenica mattina perché i compagni dirigenti per tutta la settimana lavoravano fino a tarda ora.


[1] Casamale : centro antico del Paese che prende il nome da una nobile famiglia(Causamala)di nobili feudatari.

[2] Rione Trieste : quartiere  periferico del paese  che negli ultimi decenni si è molto sviluppato urbanisticamente.

[3] Definizione di Peppe Tomas, giovane dirigente della sezione, laureato in filosofia. Trasferitosi a Sasso Marconi( Bo)  per motivi di lavoro(capostazione delle FF. SS. responsabile sindacale , vice sindaco, presidente A.N.P.I. di quel paese.

***

STUDENTI E GIOVANI SI AVVICINANO AL PARTITO

Fu proprio in quel periodo di contestazione generale che si avvicinarono molti giovani studenti delle scuole superiori e dell’Università. Successivamente con l’affermazione del  nuovo corso politico amministrativo(1971) si registrò un’ ulteriore partecipazione per cui si ricostituì un nuovo circolo giovanile che giunse a contare circa 60 iscritti. La presenza di tanti giovani che si riunivano, dibattevano e discutevano su come affrontare e risolvere problemi reali e la realizzazione di  iniziative politiche dava nuova vitalità al Partito. Memorabile resta la manifestazione antifascista promossa ed organizzata dalla FGCI cui parteciparono molti giovani e ragazzi oltre una parte della popolazione che assisteva per la prima volta ad un corteo politico.( Il paese era abituato ad assistere solo a lunghe processioni di Santi e Madonne delle varie  parrocchie che si svolgevano seguendo il calendario liturgico). Ma, come si sa, i giovani non tollerano lentezze e ritardi nell’attuazione dei programmi che, in genere, sono facili da redigere e proclamare ma difficili da realizzare per cui  alla lunga non reggono ed al primo ostacolo con le più diverse motivazioni abbandonano il campo.   In ogni caso la sezione con i sui gruppi dirigenti che s’integravano al termine dei congressi  si impegnava comunque negli anni 70 e 80 a:

  • dare una mano in termini di servizio d’ordine alla vaccinazione di massa, contro l’epidemia di colera, che scoppiò nella primavera del 1973;
  • sostenere nel referendum il NO all’abrogazione della legge sul divorzio (12 maggio 1974) proposta da una parte del mondo cattolico. I risultati del Referendum furono deludenti per gli antiabrogazionisti,( 36% al NO e 64% al SI nonostante l’impegno profuso nel promuovere incontri sul tema e nel tenere dibattiti con i sostenitori del Si all’abrogazione della legge);
  • svolgere manifestazioni politiche con convegni, dibattiti, su tematiche varie(urbanistica, ambiente, energia, riforme istituzionali, scuola, cultura e scienza, casa , sanità e lavoro) spettacoli, cineforum e quant’altro si poteva fare in quei tempi in cui stava maturando la speranza in un cambiamento politico generale ;
  • organizzare il Sindacato scuola (CGIL);
  • imporre la redazione del PRG per la tutela del territorio da ogni forma di abusivismo;
  • realizzare due importanti feste de l’Unità;
  • costituire il Sindacato degli inquilini(SUNIA)
  • promuovere la nascita di un circolo femminile(UDI) e la diffusione del giornale Noi Donne;
  • organizzare la partecipazione di genitori, insegnanti e studenti alle  elezioni degli organi collegiali della scuola;
  • partecipare alla organizzazione ed attuazione della prima marcia anticamorra (Somma – Ottaviano);
  • sostenere tutte le iniziative e le lotte per l’occupazione (Cantieristi e FAG) che si sviluppavano nel paese;
  • essere presente con notevoli sforzi e contributi di idee e proposte  su tutte le problematiche amministrative non rinunciando, quando ne rilevavano gli estremi, ad inoltrare ricorsi al CO.RE.CO., alla Prefettura ed alla Magistratura. Ad essere cioè partito di opposizione e di governo.

Altro che dirigenti affetti da concezione politica minoritaria! Senza trascurare l’impegno da profondere nelle campagne elettorali politiche,  amministrative e referendarie che si succedevano negli anni. Nel solo decennio 1970-1980 se ne svolsero ben 12.

LE CAMPAGNE ELETTORALI

Ad un certo punto dell’anno, quasi sempre in primavera, la sezione interrompeva qualunque altra attività di progettazione e di lavoro, finalizzate al radicamento del Partito nel Paese, perché occorreva svolgere le campagne elettorali, caratterizzate sempre da mobilitazioni, incontri, comizi, dibattiti, affissione di manifesti, organizzazione di rappresentanti di lista e diffusione de l’Unità. Un lavoro che ricadeva sulle spalle dei segretari della sezione coadiuvati da  pochi altri compagni, spesso da motivare. Ma nonostante questo intenso lavoro, che richiedeva un impegno totalizzante i risultati in termini di consensi elettorali erano sempre al di sotto delle aspettative (oltre a non superare il famoso 14%alle elezioni comunali non si è  riusciti mai  ad andare oltre il 26 % del 1976 quando  il Partito a livello nazionale raggiunse il 34,37%. E tuttavia occorre, per onestà intellettuale riconoscere che nella comunità sommese, nonostante il numero degli iscritti al Partito fosse molto limitato, i comunisti godevano del rispetto di tante persone anche di altro orientamento politico per la loro dedizione disinteressata all’impegno politico. Significativi in tal senso furono i voti tributati alle candidature di Pasquale Di Palma al Consiglio provinciale di Napoli nel 1970 (3712 voti pari al 36,37% a fronte dei 1261 voti pari all’11,65% delle comunali svolte nello stesso giorno) e dell’autore di questo intervento che nelle elezioni per il consiglio provinciale del 1985 ottenne 3560 voti ed il 24,77% a fronte dei 1303 voti pari all’8,34% delle comunali svolte sempre nello stesso giorno). Molti cittadini avrebbero voluto anche aderire al Partito per dare una mano più esplicitamente, ma come già detto, avevano timore di esporsi, data la discriminazione e la vendetta che il Potere locale esercitava in particolare sulla componente giovanile, sempre alla ricerca di un’occupazione stabile. Le persone  intellettualmente  oneste  lo dichiaravano con molta  franchezza. Molte altre invece, rovesciavano sui dirigenti comunisti e sulla sezione una serie di critiche, maldicenze, giudizi sprezzanti ed immotivati per dissimulare la loro pavidità. Nessuno ha mai impedito a chicchessia di iscriversi al Partito, di lavorare ed assumere incarichi dirigenziali. Un Partito aperto come quello di Somma era difficile trovarlo. Dal 1977 in poi tutti i congressi venivano svolti non più negli angusti ambienti della sezione ma in una sala pubblica aperta a tutti quelli che avevano interesse ad ascoltare i temi che i comunisti dibattevano alla luce del sole. Da allora in poi cambiarono tanti segretari e altrettanti dirigenti. In particolare erano i giovani o nuovi iscritti ad assumere le cariche più importanti perché si riteneva che l’età contasse molto per allargare gli orizzonti conoscitivi ed accrescere i punti di contatto con la società in movimento, per stare al passo con le nuove generazioni ed in sintonia coi  loro modi di concepire l’impegno civile e politico. Peppe Rossi, Oreste  Santamaria,  Gigino Iovino, Vincenzo  Maiello, Nicola Polise, Gianni Piccolo, Gianfranco Savino, Maria Nunzia Auriemma, Gaetano Pellegrino, Gino Cimmino sono i nomi più noti che si sono alternati nel corso di un ventennio alla guida del Partito, che cambierà le sue denominazioni a partire  dal crollo del muro di Berlino( 1989). Nessun Partito a Somma può vantare un tale costante rinnovamento della leadership. Tuttavia, nonostante I notevoli sforzi, non si è riusciti, nel corso di decenni, a costruire un Partito a struttura solida e stabile, capace di organizzare le persone intorno ad interessi specifici e generali. Un  Partito  che non ha goduto mai di un personale politico collocato nei gangli vitali dell’economia locale o in ruoli importanti negli apparati burocratici dello Stato, della Regione, della Provincia, del Comune o in altri Enti ed Istituzioni, da dove gli altri organizzano il consenso. Un Partito che ha fatto politica a “mani nude”, che non è mai riuscito ad andare oltre il carattere di una comunità ideale e culturale, in cui ci si ritrovava per discutere ma da cui non si incideva nella realtà, né si riusciva ad aggregare forze per realizzare un progetto di cambiamento vero e duraturo. Ma l’esperienza di un impegno trentennale, che non è riuscito a scalfire la dura realtà di una società moderata, conservatrice e a tratti reazionaria, ha fatto maturare anche la consapevolezza che la responsabilità del successo o meno di un gruppo dirigente locale è indipendente dalle proprie capacità. Il successo politico a livello locale è stato sempre condizionato dal successo della linea politica nazionale e dal clima politico generale. Come si è detto la sezione del Pci di Somma in 60 anni non è riuscita mai a superare il 14% nelle elezioni comunali ed il 26% in quelle nazionali, neanche quando il vento della storia soffiava a favore della sinistra. Quindi appartiene alla mitologia l’idea che ci sia stato un tempo in cui il PCI di  Somma era grande e forte ed aveva roccaforti elettorali. Il numero degli iscritti oscillava tra i 120 e i 160. Le cosiddette “roccaforti” erano soltanto zone in cui il Partito otteneva più voti  rispetto ad altre nelle quali raccoglieva poche decine di voti. Ed appartiene ad un’ altra infondata vulgata l’idea secondo la quale il gruppo dirigente il Pci di Somma fosse chiuso, settario e scostante. La chiusura c’era  nei confronti degli opportunisti, dei trasformisti e dei doppiogiochisti. I requisiti che il Pci chiedeva ai suoi aderenti erano l’onestà intellettuale, la moralità e la comunanza ideale. Chi si avvicinava con lealtà al Partito riceveva ampia fiducia ed incarichi di responsabilità. Ma quando capitava qualcuno che considerava il Partito uno strumento per realizzare qualche interesse o affare privato, trovava gli opportuni ostacoli che lo facevano desistere ed abbandonare. Si veniva accusati per questo di essere moralisti intransigenti e di avere la puzza sotto il naso. Poi, con gli anni, si è visto a cosa ha condotto una certa rilassatezza sul fronte dell’onestà e della moralità dei comportamenti delle persone. Un Partito, a differenza di Circoli ed Associazioni di varia natura, che nascono e muoiono in breve spazio di tempo senza dar conto di niente a nessuno, (sarebbe interessante elencare tutte le sigle dei Circoli e delle Associazioni che si sono presentati all’opinione pubblica con programmi e propositi rivoluzionari e poi si sono sciolti nello spazio di pochi mesi) non può mai chiudere. In una comunità che si vuole democratica il Partito è una necessità. Deve esserci sempre, perché è il luogo privilegiato dell’incontro per chi intende partecipare alla vita politica uscendo dal proprio io per confrontarsi col pensiero altrui e discutere liberamente, affrontare e risolvere questioni e problemi di interesse generale. Il Partito è il luogo dell’inveramento della democrazia che resta il bene più prezioso per ogni società. La democrazia, non deve mai morire e non deve essere considerata come un bene acquisito una volta e per sempre. I comunisti di Somma, nel bene e nel male, questo sono stati ed hanno rappresentato. Per rispondere alla domanda se sono riusciti o meno nella loro missione si deve tener conto delle difficoltà oggettive in cui si sono imbattuti, e dei rapporti di forza esistenti con gli altri Partiti. Come si è cercato di spiegare una gran parte della popolazione rimaneva indifferente alle loro idee, se non ostile. Nel corso dei decenni che li hanno visti impegnati nell’attività politica si sono sempre chiesti il perché della difficoltà a far penetrare nella cultura della popolazione sommese le idee della sinistra o, in generale, progressiste e del Partito comunista in particolare. Quando i più giovani scoprirono che il PCI derivava da una sezione socialista dell’inizio del secolo scorso, costituita da appena 11 soci, pensarono che il numero ridotto della struttura organizzativa fosse la causa principale della scarsa produttività del loro impegno. Recentemente hanno appreso che negli stessi anni(1919-1920) le sezioni del PSI dei Comuni di Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, nonostante insistessero su un territorio a vocazione oltre che agricola(Ponticelli) anche industriale (Barra – San Giovanni),[1] all’atto della loro costituzione, non avevano più soci rispetto a quella della di Somma che operava in un contesto economico esclusivamente agricolo ed era l’unica sezione presente in tutto il territorio vesuviano interno. (Ponticelli contava 18 soci iscritti, Barra 13 e San Giovanni 12). Né gli iscritti al Psi di quei Comuni facevano cose diverse da quelli sommesi. A quei tempi ci si limitava a votare ordini del giorno di sostegno e solidarietà al popolo italiano che si batteva contro il caro vita e le condizioni disagiate in cui versavano i lavoratori agricoli e gli operai dell’industria.  Si dichiarava appoggio ai popoli europei che lottavano per l’affermazione del Socialismo e per la difesa della Rivoluzione dell’Unione sovietica attaccata dalla reazione capitalistica internazionale. Si partecipava con passione alle dispute di carattere teorico – ideologico schierandosi ora con l’uno ora con l’altro dirigente e nazionale(Bordighiani, Turatiani, riformisti , massimalisti)  La loro prevalente attività era fondata sulla diffusione della stampa (La conquista) e delle idee socialiste attraverso una sorta di predicazione in attesa della “redenzione sotto la guida del Partito che è l’arma più bella del proletariato.” [2].Tuttavia mentre nei Comuni più vicini alla città di Napoli la forza socialista cresceva, a Somma stentava. Il prof. Francesco Capuano nel 1921 sosteneva che << questa nostra plaga a Nord – est del Vesuvio che, per la mancanza di una massa industriale, conseguenza della lontananza da Napoli e della deficienza dei mezzi di trasporti, è tra le più difficili da conquistare al socialismo”.[3] Successivamente, nel 1945, l’evento drammatico dell’incendio delle sedi del CLN, del PCI, del PSI, dell’Ufficio delle imposte e l’assalto al Municipio fecero pensare ad una difficoltà nei rapporti col mondo contadino e ad una insufficiente capacità di governo della città dimostrata dal Sindaco e dalla Giunta comunale, costituita da”nominati” dal Comitato di Liberazione Nazionale, quindi non eletti e non rappresentativi del popolo sommese. Ma essendosi prolungata questa difficoltà nei decenni successivi ed in contesti storico-politici diversi, si sempre chiesti che cosa abbia determinato il suo carattere conservatore ed impedito di esprimere in maggioranza voti a favore del Partito comunista. A questi interrogativi, tutt’ora aperti, le risposte si sono orientate a sostenere che un ruolo determinante lo hanno esercitato la natura del territorio ed il peso della Storia politica del meridione in generale. Si è pensato che sul piano dell’influenza esercitata dalla natura del territorio,  la presenza del vulcano, con la sua pericolosità implicita,  ha condizionato il comportamento degli uomini che dovevano  necessariamente tendere alla conservazione dei beni acquisiti col duro lavoro  che poteva da un momento all’altro essere perduto o compromesso da un’imprevedibile distruttiva eruzione. Sul piano storico–politico si è  considerato che nel territorio sommese erano presenti, in qualità di proprietari di immensi terreni agricoli, diversi  ordini monastici ( Basiliani orientali, Benedettini, Gesuiti e Certosini), quindi la proprietà fondiaria era nelle mani della Chiesa. Questi religiosi davano in fitto le loro terre ai contadini e consentivano loro di lavorare in condizioni più favorevoli rispetto ad altri che erano costretti a subire le angherie dell’aristocrazia che esercitava la sua longa manus  sul popolo, costretto a vivere in disagiate condizioni economiche in starze, masserie e casali. Inoltre i sovrani accordavano diversi privilegi alla città di Somma: immunità ed esenzioni dalle tasse. Quindi i benefici derivanti dal particolare rapporto con la Chiesa e la Corona avrebbero influito nella determinazione del carattere conservatore del nostro popolo, che aveva tutto l’interesse a mantenere lo statu quo. “L’altare ed il trono” insomma erano Istituzioni da difendere in ogni occasione in cui venivano minacciate. E ciò è dimostrato da alcuni eventi storici durante i quali  il popolo di Somma scese in campo per difenderle: (rivolta di Masaniello nel 1648 ),(repubblica partenopea nel 1799), (reazione all’Unità d’Italia nel 1861), (referendum Monarchia- Repubblica nel 1946).

PER CONTINUARE A RIFLETTERE

Sul piano più strettamente politico e vicino ai nostri tempi occorre tener conto anche dell’influente presenza di socialisti come Francesco De Martino e  Gaetano Arfé che  frenava la crescita dei consensi verso i comunisti. C’è da aggiungere infine la prassi politica del Sindaco De Siervo che, durante la sua ultratrentennale presenza sulla scena politico-amministrativa, si dedicava sistematicamente agli “acquisti” nelle file del PCI e con attività certosina, metodica e a volte addirittura scientifica ne decapitava gruppi dirigenti e consiliari, approfittando delle necessità e delle debolezze delle persone. Inoltre la diversità  dei princìpi ai quali il PCI ispirava la sua azione: gli altri Partiti vendevano sogni, mentre i comunisti  predicavano il rigore morale elevato perfino a stile di vita personale; “Un comunista doveva essere preparato politicamente ed avere una vita ineccepibile sia nelle amicizie che nei comportamenti sociali e pubblici. Niente scorciatoie, tanto impegno e molto sacrificio”.  Questi pochi ed insufficienti elementi di analisi, messi insieme, costituiscono la base culturale del cittadino sommese. Il quale sul piano politico-elettorale si orienta sempre verso Partiti, movimenti o personaggi moderati e conservatori perché  così facendo crede di difendersi e garantirsi dalla incertezza che accompagna ogni proposta o idea politica di cambiamento o di trasformazione, considerandola pericolosa ed avventuristica. Egli teme cioè il cambiamento che può mettere in discussione la posizione economico-sociale acquisita ed il livello di benessere conseguito col proprio duro lavoro e di quello delle diverse generazioni che lo hanno preceduto. Da qui discenderebbe anche la preferenza che esso esprime verso candidati a Sindaco della città: persone“tranquille”che non gli destano alcuna preoccupazione circa la stabilità ed il mantenimento dello status quo. Si ritiene insomma che  il territorio con  la sua natura, la sua economia e la sua storia politica siano gli elementi influenti e perduranti del carattere conservatore del Sommese. Ovviamente tali influenze non sono da intendere in modo deterministico, perché nella formazione del carattere di ciascun individuo o di un popolo incidono fattori naturali e culturali in un intreccio dialettico talmente stretto che diventa difficile distinguere quel che viene prima da quel che viene dopo. Ad ogni modo si tratta di questioni complesse che andrebbero ulteriormente, approfondite e dibattute. E l’auspicio è che queste idee ed  opinioni riproposte in questo intervento possano stimolare ulteriori analisi e riflessioni e possano aiutare i Partiti democratici, progressisti o di sinistra, se questa continuerà ad esistere, a tener conto della storia e del patrimonio culturale del popolo per evitare velleitarismi e facili illusioni .

Luciano Esposito 3/fine

la parte 1 è al link : https://www.centoannipci.it/2020/12/31/somma-vesuviana-storie-di-sezionestorie-di-citta-nella-ricostruzione-di-luciano-esposito-1-puntata/

la parte 2 è al link : https://www.centoannipci.it/2021/01/05/somma-vesuviana-storie-di-sezionestorie-di-citta-2-nel-racconto-di-luciano-esposito-dagli-anni-50-ai-70-quel-matrimonio-difficile-del-segretario-della-sezione-pasquale-di-palma/


           [1] Andrea D’angelo “ Tremendo sparatorio” pag. 26   edizione Il quartiere 2016

           [2] Dal verbale dell’assemblea del 7 novembre 1920 di Rossi vesuviani pag 21

           [3] Dal verbale dell’assemblea del 25 maggio 1921 di Rossi vesuviani pag.33

IL GRANDE ALBUM FOTOGRAFICO DI SOMMA VESUVIANA

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